Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

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La progressiva articolazione del quadro normativo europeo sugli aiuti di Stato a favore di Ricerca, Sviluppo e Innovazione (RSI) (di Massimo Bartoli)


The 2014 rules for State aid for Research, Development and Innovation (RDI) have allowed the Commission to complete the already started pattern of complementarity between instruments of soft and hard law, in order to increase legal certainty. RDI Framework remains applicable to aids with a higher distortive potential, exceeding the thresholds up to which the same measures can be included within the scope of the new General Block Exemption Regulation (GBER). The compliance with the GBER allows to avoid prior notification to, and approval by, the Commission, while the aids can be implemented immediately by the Member States. The progressive increase of RDI measures eligible for exemption could stimulate a wider implication of small and medium enterprises. On the other hand, the increased national responsibility in the “ex ante assessment procedures could foster new state contributions in relation to a growing “positive integration” in the field of competition.

SOMMARIO:

I. Introduzione - II. Le ragioni dell’impiego degli aiuti di Stato per RSI - III. La UE e gli aiuti per RSI - IV. i) Dalla Disciplina del 1986 al 'pacchetto 2006-2008' - V. Le principali novità del 'pacchetto 2014' - VI. i) Gli elementi di continuità e di innovazione - VII. ii) Gli aiuti agli organismi di ricerca - VIII. iii) La questione della valutazione e del controllo degli aiuti per RSI. Il ruolo di Stati membri e Commissione europea - IX. Conclusioni - NOTE


I. Introduzione

Il recente processo di modernizzazione della normativa europea sugli aiuti di Stato, intrapreso dalla Commissione nel 2012 [1], pone indubbiamente il comparto “Ricerca, Sviluppo e Innovazione” (RSI) in una posizione cruciale rispetto alle nuove sfide poste dalla Strategia Europa 2020. Se da un lato, gli investimenti in RSI potranno contribuire al raggiungimento dell’obiettivo di una crescita “sostenibile ed inclusiva”, dall’altro, ogni forma di ausilio pubblico, nell’epoca della spending review, dovrà essere necessariamente calibrata secondo stringenti criteri di razionalità, opportunità ed efficienza. Il carattere orizzontale di tali aiuti, concedibili per quasi tutti i settori produttivi, determina la rilevanza strategica delle politiche pubbliche a sostegno dell’innovazione delle imprese europee e per il rilancio delle partnership pubblico-privato “di frontiera”, tanto nei settori della ricerca base quanto di quella applicata. Il presente contributo, dopo un breve richiamo alle ragioni dell’utilizzo, in tale comparto, dello strumento dell’aiuto pubblico e alle relative competenze dell’Unione europea (UE), si propone di fornire una breve ricostruzione cronologica della pertinente normativa di diritto derivato. Tale excursus permetterà di comprendere meglio gli elementi salienti del “pacchetto” sugli aiuti per RSI del 2014, descrivendone le principali linee di evoluzione e continuità. A questo ultimo riguardo le novità intervenute nel settore, confermando la combinazione di strumenti di soft e hard law (schema tipico per varie categorie di aiuti orizzontali), pongono gli Stati membri di fronte ad un’opzione di fondo: notificare alla Commissione le misure di importo più elevato ed attendere il giudizio dell’esecutivo europeo, oppure procedere da sé, assumendosi sempre di più non solo oneri amministrativi, ma anche specifici compiti di a­nalisi e di valutazione ex ante. Ciò può senz’altro favorire una più attiva partecipazione degli Stati al processo di integrazione europea, a patto che le amministrazioni pubbliche sappiano adeguatamente attrezzarsi.


II. Le ragioni dell’impiego degli aiuti di Stato per RSI

Il ricorso allo strumento degli aiuti di Stato non si configura, in linea di massima, come la via maestra per favorire l’aumento delle attività di RSI nel tessuto produttivo europeo. Da un lato, la UE riconosce l’impiego preferenziale di stimoli non selettivi che, per semplice giocoforza dei meccanismi concorrenziali, dovrebbero conseguire risultati più efficienti [2]. Ogni Stato membro dispone, in tal senso, di un’ampia gamma di scelte che, in relazione alla specificità del caso, possono senz’altro rivelarsi idonee allo scopo [3]. Dall’altro lato, la prassi ha dimostrato come particolari forme di cooperazione tra privati, soprattutto tra piccole e medie imprese (PMI), possano condurre a risultati di sicura eccellenza [4]. Non a caso la stessa normativa europea prevede esplicitamente che, in tema di “Ricerca e Sviluppo” (R&S), le imprese possano dar vita a taluni accordi di collaborazione in deroga al divieto posto dall’art. 101, par. 1, TFUE [5], disciplinando le modalità di applicazione del­l’esenzione di cui al par. 3 del medesimo articolo [6]. Tuttavia, né le sole dinamiche della concorrenza né l’efficacia di strategie imprenditoriali particolarmente mirate sono finora riuscite a garantire un trend di crescita virtuoso e costante del comparto in esame, soprattutto in considerazione di particolari imperfezioni del mercato di riferimento [7]. Nel campo della RSI, non sono poche le situazioni in cui i mercati, lasciati a loro stessi, non riescono a raggiungere la piena efficienza. Rilevano, in primis, gli ampi margini di rischio ed incertezza di operazioni solitamente onerose e non immediatamente remunerative. Tali impieghi possono infatti generare significative esternalità positive, sotto forma di ricadute di conoscenza, di cui possono avvantaggiarsi a titolo gratuito anche i terzi concorrenti che non hanno investito in innovazione, risultando beneficiari netti di veri e propri “beni pubblici” [8]. Al contempo, investimenti troppo modesti da parte di pochi “capitani coraggiosi” possono generare solo limitate ricadute di conoscenza, diminuendo le prospettive di innovazione dell’intero sistema, già gravato da significative asimmetrie ed imperfezioni dell’informazione. Proprio per ovviare a simili market failures, un aiuto pubblico mirato, [continua ..]


III. La UE e gli aiuti per RSI

L’incremento delle attività di RSI quale “obiettivo comune” dell’Unio­ne è desumibile, oltre che da una profusione di atti non vincolanti [15] e dal­l’attenzione ricevuta nella programmazione dei capitoli di spesa del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) [16], da un rapido esame del collegato diritto primario come novellato dal Trattato di Lisbona. In base all’art. 3, par. 3 del Trattato sull’Unione europea (TUE), l’Unione «promuove il progresso scientifico e tecnologico» e, in riferimento ai settori della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dello spazio, il TFUE attribuisce alla UE una competenza parallela rispetto a quella degli Stati membri. Ai sensi dell’art. 4, par. 3 TFUE, in tale ambito l’Unione potrà infatti agire attraverso “la definizione e l’attuazione di programmi”, senza che l’esercizio di tale competenza possa pregiudicare analoghe azioni, anche se di diverso contenuto, condotte dagli Stati membri [17]. A tale schema non sembra sottrarsi neppure il dettato dell’art. 173 TFUE che, in tema di “Industria” (tit. XVII), dispone che la UE e gli Stati membri «provvedono affinché siano assicurate le condizioni necessarie alla competitività dell’in­dustria dell’Unione», agendo nell’ambito di un sistema aperto ai mercati concorrenziali, inter alia, per favorire «un migliore sfruttamento del potenziale industriale delle politiche d’innovazione, di ricerca e di sviluppo tecnologico». Pur se il sopra citato par. 3 dell’art. 4 TFUE non prevede esplicitamente che nel campo della RSI sia intrapresa una vera e propria “politica comune” – a differenza di quanto affermato nel successivo par. 4 in riferimento alla cooperazione allo sviluppo e all’aiuto umanitario – non è possibile porre in dubbio che il Trattato contenga una specifica disciplina, rivolta sia alla UE che agli Stati membri, attraverso il proprio titolo XIX (artt. 179-190) “Ricerca, sviluppo tecnologico e spazio”. Qui vengono configurati i termini di una politica ben definita volta alla realizzazione di uno “spazio europeo della ricerca” (SER) che, è bene ricordarlo, appare ancora lontano da una compiuta attuazione [18]. In particolare, l’art. 180 TFUE prevede che le azioni [continua ..]


IV. i) Dalla Disciplina del 1986 al 'pacchetto 2006-2008'

 i). Il diritto derivato unionista sugli aiuti per RSI è oggi caratterizzato da una duplice regolamentazione contraddistinta dalla combinazione di strumenti di soft e di hard law, rispettivamente: una Disciplina ad hoc, frutto di periodici aggiornamenti ed il «regolamento generale di esenzione per categoria» (RGEC), strumento che, come si vedrà, viene concepito per svariate categorie di aiuti orizzontali, tra i quali quelli per RSI. A tale schema si giunge gradualmente e l’elaborazione del relativo corpus normativo ha visto come principale attore la Commissione e, in un ruolo più defilato, il Consiglio. L’esecutivo europeo ha anzitutto adottato, nel corso degli anni, varie Discipline per gli aiuti per RSI sotto forma di comunicazioni, classificabili come “atti atipici a rilevanza esterna” [25]. Più specificamente, il loro carattere di fonte atipica deriva dal nascere dalla prassi senza alcuno specifico fondamento nei Trattati, mentre la loro “rilevanza esterna” si sostanzia nell’avere come destinatari soggetti diversi dalle istituzioni europee. A tali atti è stata riconosciuta la possibilità di produrre effetti giuridici rilevanti [26], soprattutto per quelli di portata esterna, assai numerosi, che la Commissione, in materia di concorrenza ed in particolare negli aiuti di Stato, ha emanato con una certa discrezionalità. La prassi ha evidenziato che, nel campo degli aiuti, il duplice ruolo di decisore e di controllore attribuito alla Commissione dal­l’art. 108 TFUE abbia di fatto favorito il consolidarsi di una sorta di discrezionalità “paranormativa” in capo all’esecutivo europeo, offrendo a questo margini e modalità di manovra “incontrastati” sin dagli anni ’70 del secolo scorso [27], favoriti anche da una sostanziale inerzia del Consiglio [28]. Questa attività è stata talvolta giustificata ricorrendo alla base giuridica del primo comma dell’art. 108 TFUE [29], anche se siffatto richiamo appare piuttosto debole se si considera che tale disposizione risulta applicabile solo per i “regimi di aiuti esistenti” [30]. La Commissione perciò, attraverso delle semplici comunicazioni, ha svolto, oltre ad una funzione interpretativa autorevole, un ruolo quasi “normativo” [31]. [continua ..]


V. Le principali novità del 'pacchetto 2014'

Nel 2014 ha visto finalmente la luce il nuovo “pacchetto” in cui è previsto un regime incentrato sul raggiungimento degli obiettivi posti dalla strategia Europa 2020. Il “pacchetto” è costituito dal combinato disposto della Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione del 2014 (supra nota 3) e dal nuovo regolamento generale d’esenzione 651/2014 applicabile, come il precedente, a numerose categorie di aiuti orizzontali [62].


VI. i) Gli elementi di continuità e di innovazione

i). Tra le linee di continuità del “pacchetto 2014” vi è certamente la riaffermazione della complementarità tra soft e hard law. Tuttavia, tale schema subisce un evidente sviluppo passando, rispetto al “pacchetto” del 2006-2008, da una complementarità parziale ad una piena. Appare in tal senso completato il percorso iniziato con il precedente quadro giuridico, giungendo ad una completa identità delle fattispecie di aiuti per RSI contemplate nelle due normative, identità non inficiata da piccole differenziazioni terminologiche [63]. L’idea di fondo sembra essere quella di offrire la possibilità di ricorrere ai due strumenti per casi e situazioni formalmente identici, la cui unica differenza sostanziale risiede, per l’appunto, nell’obbligo di applicare la Disciplina alle sole misure con un ammontare complessivo dell’aiuto superiore alle soglie massime indicate nel RGEC. L’entità dell’ausilio pubblico pare quindi assurgere a fattore decisivo circa il regime da applicare, prefigurando – al disotto della soglia limite imposta dal nuovo RGEC – che le forme di valutazione e controllo predisposte dagli Stati membri consentano il pieno rispetto della normativa europea. In buona sostanza, viene consolidato l’orientamento della Commissione a riconoscere, nelle misure in oggetto, un basso potenziale qualitativo di perturbazione del mercato interno, potenzialmente meritevole di una sua valutazione ex ante solamente di fronte ad un incremento di parametri meramente quantitativi. Tutto ciò in conformità con gli orientamenti dettati dalla strategia Europa 2020 e con la tendenza, precedentemente illustrata, dello sviluppo quantitativo delle azioni orizzontali suscettibili di esenzione. I due regimi provvedono a definire, per ogni categoria di aiuto contemplata, specifici costi ammissibili al supporto pubblico, unitamente alle intensità massime dell’aiuto ottenibile. Il meccanismo dell’esenzione si consolida quale potenziale motore per la modernizzazione e, relativamente alla RSI, come fattore di stimolo alla crescita competitiva del sistema produttivo, con una particolare attenzione al mondo delle PMI. La possibilità di beneficiare della suddetta esenzione, sia che si tratti di “aiuti ad hoc” che di alcuni “regimi di aiuti” [64], [continua ..]


VII. ii) Gli aiuti agli organismi di ricerca

ii). La nuova normativa continua a prestare particolare attenzione al caso in cui il beneficiario dell’aiuto non sia la classica “impresa”, piccola o grande, bensì un «organismo di ricerca o di diffusione della conoscenza», oppure una “infrastruttura di ricerca”. Gli organismi di ricerca, tuttavia, non vengono più definiti, come nel precedente pacchetto, quali enti necessariamente senza scopo di lucro; conseguentemente se ne prevede in modo più esplicito il possibile coinvolgimento in attività economiche, per le quali viene espressamente richiesta – in merito a finanziamento, costi e ricavi – una gestione contabile separata [79]. Per la configurazione di un aiuto in RSI a favore di organismi e infrastrutture di ricerca, conformemente al dettato del diritto primario ed alla giurisprudenza della Corte di giustizia della UE, nonché in relazione alla recente bozza di comunicazione della Commissione sulla “nozione di aiuto” [80], non solo è necessario il verificarsi di tutte le condizioni di cui all’art. 107, par. 1, TFUE, ma anche che l’ente in questione risponda alla nozione di impresa riconducibile allo stesso articolo [81]. Ciò perché gli ausili pubblici possono rientrare nelle norme in materia di aiuti di Stato solo nella misura in cui vanno a coprire i costi connessi ad attività economiche [82] che non si configurino in azioni poste in essere da meri “intermediari” [83]. Va in tal senso ricordato come la Commissione continui a distinguere tra attività economiche e non sulla base della presunzione che le principali azioni intraprese dagli enti di ricerca non abbiano, normalmente, natura economica. Dalla passata consultazione è tuttavia emerso come anche tale distinzione spesso risulti di difficile determinazione, proprio in ragione della nozione ristretta di “attività economica” fornita dalla Commissione, specie se riferita a soggetti che operano nella ricerca senza scopo di lucro [84]. Se l’organismo o l’infrastruttura di ricerca sono utilizzati quasi esclusivamente per attività di natura non economica (a questo riguardo la Commissione fornisce un apposito elenco esemplificativo nella Disciplina alla sez. 2.1.1, punto 19, lett. a) e b), l’incentivo pubblico non costituirà mai un [continua ..]


VIII. iii) La questione della valutazione e del controllo degli aiuti per RSI. Il ruolo di Stati membri e Commissione europea

iii). Come già evidenziato, lo Stato membro rimane libero di scegliere, aldilà di quanto tassativamente previsto sul rispetto delle soglie di aiuto, di procedere o meno alla notifica del proprio progetto di intervento, determinando così la conseguente applicazione della Disciplina o del RGEC. Rispetto al pacchetto precedente, la nuova Disciplina predispone un nuovo schema di valutazione che, pur non alterandone i contenuti essenziali, abbandona la specifica previsione di un test comparativo suddiviso in due livelli di complessità, corrispondenti al potenziale distorsivo dell’aiuto [90]. La Disciplina del 2014 detta, alla sez. 3, i principi comuni applicabili alla valutazione ex ante della Commissione sulla compatibilità con il mercato interno di tutte le misure di aiuto che devono esserle notificate, riprendendo i principi illustrati nella già citata Comunicazione sulla modernizzazione degli aiuti di Stato del 2012. Va detto che l’oggetto della valutazione sarà lo stesso studio progettuale trasmesso dallo Stato membro, sul quale graverà un obbligo di stand still nel­l’attesa dell’esito della decisione della Commissione, e che gli Stati rimangono destinatari di ulteriori oneri di comunicazione e di conservazione dei documenti (sez. 6 della disciplina 2014) [91]. Nell’ambito del procedimento di valutazione ex ante imposto dall’art. 108 TFUE, l’esecutivo europeo dovrà quindi stimare, per ogni singola misura, il soddisfacimento cumulativo dei seguenti parametri, i cui contenuti sono illustrati alla sez. 4 della disciplina 2014, unitamente a talune condizioni supplementari per i soli aiuti individuali: – “contributo al raggiungimento di un obiettivo ben definito di interesse comune” ai sensi dell’art. 107, par. 3, del trattato (sez. 4.1); – “necessità dell’intervento statale”: la misura deve comportare un miglioramento tangibile per ovviare ad un fallimento del mercato o per risolvere questioni riconducibili a problemi di equità o coesione (sez. 4.2); – “adeguatezza della misura d’aiuto”: da commisurare con l’obiettivo di interesse comune che si vuole perseguire (sez. 4.3); – “effetto di incentivazione”: l’accertamento della sua presenza è volto a [continua ..]


IX. Conclusioni

 Alla luce dell’evoluzione del quadro normativo europeo in tema di aiuti di Stato per RSI sin qui descritto, si possono avanzare alcune brevi considerazioni. In primis, la normativa esaminata rappresenta un tipico caso in cui la gestione delle politiche di concorrenza, dapprima ricalcate secondo principi di integrazione negativa per la realizzazione del mercato interno, abbia finito per conformarsi ad un modello di integrazione positiva [100]. Più precisamente, accanto ai divieti posti a tutela dei meccanismi concorrenziali, l’esaminata coesistenza di atti di soft e di hard law per gli aiuti in RSI è senz’altro espressione di un approccio funzionale seguito dalla Commissione, approccio volto alla creazione, “dal basso” e dal diretto confronto con le esigenze degli Stati membri, delle regole di una “good policy” europea [101]. Al contempo, l’azione della Commissione ha provveduto a specificare al meglio i contenuti del divieto generale di aiuti pubblici applicabile al comparto RSI, declinando le deroghe di cui al par. 3 dell’art. 107 TFUE per questa politica orizzontale ed assumendosi il ruolo di decisore sulla determinazione dei criteri generali di ammissibilità delle misure. Ovviamente, l’ingente opera di creazione di un tale corpus eterogeneo di regole è, innanzitutto, diretta conseguenza dell’ambiguità del Trattato. Se il di­ritto primario offre una solida base giuridica per l’adozione dei regolamenti d’esenzione, nulla ha mai disposto, e nulla continua a disporre, circa l’adozione degli atti di soft law di cui si è dato conto. L’attivismo della Commissione è stato certamente stimolato dallo specifico know how acquisito nel campo della valutazione, sia contenutistica che procedurale, delle numerosissime misure di aiuto sottoposte alla sua attenzione. Il dover decidere sull’autorizzazione, o meno, dei progetti di aiuto posti al suo vaglio ha favorito l’accettazione generalizzata, da parte di tutti gli attori coinvolti nel processo, della “vincolatività” di regole per lungo tempo poste attraverso strumenti di soft law [102]. In ogni caso, l’esercizio di tale prerogativa, formalmente non giustificabile neppure attraverso una lettura estensiva dell’art. 17 TUE [103], ha nel tempo delineato i [continua ..]


NOTE