Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

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La revisione della disciplina dei novel foods tra tutela di interessi generali e obiettivi economici (di Andrea Santini, Associato di Diritto dell’Unione europea, Università Cattolicadel Sacro Cuore di Milano)


L’articolo ha per oggetto la revisione della normativa europea sui c.d. novel foods, originariamente adottata nel 1997 con il regolamento 258/97. Dopo un esame delle principali criticità di quel regolamento, esso si concentra sul nuovo regolamento 2015/2283, che si applicherà a decorrere dal 1° gennaio 2018. Vengono in particolare approfonditi tre aspetti di quest’ultimo regolamento: (i) la definizione di nuovo alimento; (ii) la procedura centralizzata di autorizzazione e il correlato regime di tutela dei dati; (iii) lo speciale regime per gli alimenti tradizionali di Paesi terzi. Tale esame induce alla conclusione che la nuova disciplina realizza un migliore equilibrio tra la protezione della salute umana e degli interessi dei consumatori, da un lato, e gli interessi degli operatori del settore alimentare, dall’altro, e dunque dovrebbe stimolare le attività di ricerca e sviluppo da parte dell’industria alimentare. Al contrario, le disposizioni riguardanti i prodotti tradizionali di Paesi terzi non paiono del tutto coerenti con l’obiettivo di agevolare la loro immissione sul mercato europeo.

The Revision of the Novel Food Regulation between the Protection of General Interests and Economic Aims

The article deals with the reform of the EU legislation on novel foods, originally adopted in 1997 through Regulation 258/97. After identifying the main weaknesses of that Regulation, it focuses on the new Regulation 2015/2283, which shall apply from 1 January 2018. Three main aspects of the new Regulation are examined: (i) the definition of novel food; (ii) the centralized authorization procedure and the related data protection regime; (iii) the specific rules for traditional foods from third countries. The conclusion is that the new Regulation strikes a better balance than the original one between the protection of human health and consumers’interests, on the one hand, and the interests of food business operators, on the other, and thus should stimulate research and development within the food industry. On the contrary, the rules for traditional foods from third countries do not seem perfectly fit for the stated purpose of facilitating the placing of such foods on the Union market.

SOMMARIO:

I. Introduzione. - II. Le principali criticità del regolamento 258/97: a) Le incertezze riguardanti l’ambito di applicazione; b) I limiti della procedura di autorizzazione; c) L’equiparazione degli alimenti tradizionali di Paesi terzi ai prodotti innovativi. - III. Le novità introdotte dal regolamento 2015/2283: a) La definizione di nuovo alimento; b) La procedura centralizzata di autorizzazione; c) Lo speciale regime per gli alimenti tradizionali di Paesi terzi. - IV. Conclusioni. - NOTE


I. Introduzione.

Il 25 novembre 2015 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato il regolamento 2015/2283 relativo ai nuovi alimenti [1]. Questo atto sarà pienamente applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2018, con la contestuale abrogazione del regolamento 258/97, che ha disciplinato la materia negli ultimi venti anni [2]. Giunge così a termine un lungo e travagliato processo di revisione della normativa sui c.d. novel foods. Una prima proposta della Commissione, risalente al 2008 [3], non aveva infatti avuto esito positivo, a causa del mancato accordo tra Parlamento europeo e Consiglio nel quadro della procedura legislativa ordinaria e, da ultimo, in sede di comitato di conciliazione. Poiché il fallimento dei lavori di questo comitato era principalmente riconducibile a divergenze sulla questione della clonazione di animali a fini alimentari, nel dicembre del 2013 la Commissione ha presentato una nuova proposta che escludeva dal suo ambito di applicazione tale tematica [4], la quale veniva invece trattata separatamente in due altre proposte [5]. Nonostante ciò, sono occorsi quasi due anni di ulteriori trattative interistituzionali per giungere all’approvazione del nuovo regolamento. La vicenda, nella sua complessità, è emblematica delle difficoltà che il legislatore dell’Unione europea incontra nel disciplinare le problematiche di sicurezza alimentare, in particolar modo quelle derivanti dal sempre più rapido sviluppo delle tecnologie alimentari. In questo campo, infatti, è necessario tener conto di diverse esigenze, che non è affatto semplice conciliare. Da un lato, vengono in rilievo esigenze di interesse generale, ossia la tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori, rispetto alle quali il diritto primario dell’Unione è ormai esplicito nel pretendere un «livello elevato di protezione» [6]. Dall’altro lato, occorre nello stesso tempo perseguire obiettivi di carattere economico, quali il buon funzionamento del mercato interno e la promozione della competitività e della capacità d’innovazione dell’industria alimentare europea; inoltre, l’Unione è tenuta a rispettare gli obblighi di liberalizzazione degli scambi da essa assunti nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), che subordinano a precise condizioni la possibilità di [continua ..]


II. Le principali criticità del regolamento 258/97: a) Le incertezze riguardanti l’ambito di applicazione; b) I limiti della procedura di autorizzazione; c) L’equiparazione degli alimenti tradizionali di Paesi terzi ai prodotti innovativi.

Il regolamento 258/97 ha per primo introdotto una disciplina a livello europeo dei novel foods, nel duplice intento di garantire il funzionamento del mercato interno, superando gli ostacoli alla libera circolazione di tali prodotti alimentari che potevano derivare da differenze tra le normative degli Stati membri, e di tutelare la salute umana [7]. In estrema sintesi, il regolamento ha definito la nozione di nuovi prodotti e ingredienti alimentari e ha subordinato la loro immissione sul mercato a un regime di previa autorizzazione. Accanto alla procedura di autorizzazione, il regolamento ha inoltre previsto una procedura semplificata, che richiede la mera notifica alla Commissione in caso di immissione sul mercato di nuovi prodotti o ingredienti alimentari che siano sostanzialmente equivalenti a prodotti o ingredienti già esistenti. L’applicazione del regolamento ha reso evidenti soprattutto tre criticità, sulle quali è dunque necessario soffermarsi. La prima attiene alla esatta determinazione dell’ambito di applicazione della disciplina, a fronte dei problemi interpretativi posti dalla definizione di nuovi prodotti e ingredienti alimentari contenuta nel regolamento. La seconda riguarda la procedura di autorizzazione, che si è rivelata eccessivamente lunga e costosa. La terza discende infine dalla sottoposizione a tale procedura anche di prodotti che, pur essendo nuovi ai sensi del regolamento, vantano in realtà una tradizione di consumo significativo al di fuori dell’Unione.   a) Per essere qualificati come nuovi ai sensi del regolamento 258/97 e rientrare dunque nel suo ambito di applicazione, i prodotti e gli ingredienti alimentari devono soddisfare due condizioni cumulative, entrambe enunciate nell’art. 1, par. 2, del regolamento. In primo luogo, deve trattarsi di «prodotti e ingredienti alimentari non ancora utilizzati in misura significativa per il consumo umano nella Comunità». In secondo luogo, è necessario che tali sostanze rientrino in una delle quattro categorie specificate dalla norma, ossia: prodotti e ingredienti alimentari con una struttura molecolare primaria nuova o volutamente modificata; prodotti e ingredienti alimentari costituiti o isolati a partire da microorganismi, funghi o alghe; prodotti e ingredienti alimentari costituiti da vegetali o isolati a partire da vegetali e ingredienti alimentari isolati a partire da animali, esclusi [continua ..]


III. Le novità introdotte dal regolamento 2015/2283: a) La definizione di nuovo alimento; b) La procedura centralizzata di autorizzazione; c) Lo speciale regime per gli alimenti tradizionali di Paesi terzi.

Con il regolamento 2015/2283 il legislatore dell’Unione si è proposto, per l’essenziale, di rimediare alle criticità che si sono discusse nelle pagine precedenti. Ciò emerge con chiarezza già dalle relazioni che accompagnano le due proposte della Commissione, le quali fin dalle prime righe pongono l’accento sulla necessità di chiarire la definizione di nuovo prodotto alimentare, snellire la procedura di autorizzazione e introdurre un sistema di valutazione della sicurezza degli alimenti tradizionali provenienti da Paesi terzi che tenga conto delle loro peculiarità [32]. La finalità ultima è quella di «garantire l’efficace funzionamento del mercato interno, assicurando nel contempo un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori» [33]. Prima di entrare nel merito delle principali novità introdotte dal regolamento [34], è il caso di osservare, su un piano più generale, che esso risponde anche all’esigenza di allineare la disciplina dei novel foods al regolamento 178/2002, ossia l’atto che ha inteso dare un fondamento organico all’intera legislazione alimentare dell’Unione europea e dei suoi Stati membri, stabilendone i principi e i requisiti generali [35]. Come si vedrà, ciò si coglie in modo particolare nel disegno della procedura centralizzata di autorizzazione, pienamente conforme al principio dell’analisi del rischio enunciato nell’art. 6 del regolamento 178/2002. Merita tuttavia di essere subito sottolineato che alla medesima logica di allineamento alle previsioni di quest’ultimo regolamento risponde anche una modifica terminologica, in virtù della quale il regolamento 2015/2283 si riferisce unicamente ai «nuovi alimenti», senza più alcuna menzione degli ingredienti alimentari. Ciò non significa che questi ultimi non rientrano più nell’ambito di applicazione della disciplina, ma è semplicemente la conseguenza del rinvio – contenuto nell’art. 3, par. 1, del regolamento 2015/2283 – alla definizione di alimento di cui all’art. 2 del regolamento 178/2002. Ai sensi di questa definizione, infatti, per alimento si deve intendere «qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o [continua ..]


IV. Conclusioni.

L’indagine svolta in queste pagine induce alla conclusione che il regolamento 2015/2283 dà vita a una disciplina dei novel foods più matura ed equilibrata rispetto a quella originariamente posta in essere con il regolamento 258/97. In primo luogo, il nuovo regolamento tiene debitamente conto sia degli sviluppi giuridici, che di quelli scientifici e tecnologici intervenuti negli ultimi venti anni. Sotto il primo profilo, la nuova disciplina si inserisce compiutamente nel sistema di diritto alimentare europeo incentrato sul regolamento 178/2002, non solo con il rinvio alla definizione di alimento contenuta in quest’ultimo atto e la conseguente soppressione del ridondante riferimento agli ingredienti alimentari, ma soprattutto con la chiara adesione al principio dell’analisi del rischio nel disegno della nuova procedura centralizzata di autorizzazione. Sotto il secondo profilo, merita un giudizio positivo la riformulazione delle categorie specifiche di nuovi alimenti, che ne offre una classificazione più completa e aggiornata, evitando in tal modo che alimenti potenzialmente pericolosi per la salute umana possano sfuggire al regime di previa autorizzazione previsto dal regolamento. In secondo luogo, fermo restando l’obiettivo di tutelare la salute umana e, più in generale, gli interessi dei consumatori attraverso il suddetto regime di previa autorizzazione, la nuova procedura centralizzata sembra maggiormente garantire anche gli interessi degli operatori del settore alimentare. Da un lato, infatti, saranno evitate le possibili duplicazioni di valutazioni a livello nazionale ed europeo; dall’altro, i termini previsti per ciascuna delle fasi in cui la procedura si articola, benché prorogabili, potranno servire a contenere la sua durata e a renderla nel complesso più prevedibile. Queste caratteristiche della procedura, insieme alla previsione di un diritto esclusivo di commercializzazione per un periodo quinquennale in caso di presentazione di una domanda di autorizzazione fondata su nuove prove o nuovi dati scientifici protetti da proprietà industriale, dovrebbero stimolare le attività di ricerca e sviluppo, e dunque l’innovazione, da parte dell’industria alimentare, consentendo così di superare una delle più rilevanti criticità emerse in sede di applicazione del regolamento 258/97. Meno convincente appare la soluzione adottata [continua ..]


NOTE