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La scelta di Meseberg. La rinuncia ad assorbire il MES nel quadro giuridico-istituzionale dell'Unione alla prova dell'emergenza pandemica *

Emanuela Pistoia

Nel dicembre 2017, la Commissione aveva presentato la proposta di un nuovo regolamento sull’istituzione del Fondo monetario europeo, che avrebbe realizzato l’assorbi­mento nel sistema normativo-istituzionale dell’Unione del Meccanismo europeo di stabilità (MES), già creato nel 2012 con un trattato tra gli Stati dell’Eurozona. La “scelta di Meseberg” è la decisione di rinunciare a tale assorbimento a favore della modifica del Trattato MES. Il saggio considera in primo luogo l’impatto di tale decisione sulla procedura di adozione delle modifiche al Meccanismo di assistenza finanziaria ritenute necessarie. Si sofferma quindi sui cambiamenti che il regolamento proposto avrebbe apportato al ruolo del Parlamento europeo, cui invece il nuovo Trattato MES rinuncia. Esamina poi brevemente il diverso ruolo che la Corte di giustizia avrebbe potuto assumere se la proposta di regolamento avesse proseguito con successo il suo iter. Particolare attenzione è dedicata alla questione dell’effettivo valore aggiunto del “metodo comunitario” applicato al Meccanismo e all’Unione economica e monetaria nella sua globalità. Infine, dato che l’enorme crisi economica originata dall’emergenza pandemica da Covid-19 ha sollecitato il ricorso ai prestiti del MES a condizioni speciali, si valuta l’impatto della scelta di Meseberg in tale frangente.

In December 2017, the Commission put forward a proposal for a regulation on the establishment of the European Monetary Fund, which would have accomplished the “repatriation” of the European Stability Mechanism (ESM) set out in a Treaty between the Eurozone Member States in 2012. The “Meseberg choice” is the decision to turn down such “repatriation” and to make amendments to the EMS Treaty instead. The essay first looks at the impact of the new course of action on the decision-making procedure designed to accomplish changes to the mechanism of financial assistance. It then focuses on the changed role of the European Parliament laid down in the proposed regulation, which would be entirely cancelled in the amended Treaty. It goes on by making a few remarks on the changes in the role of the Court of Justice that would have occurred following the repatriation. The actual added value of the “Community method”, with regard to the mechanism of financial assistance and the overall economic and monetary union, is also covered. The huge economic crisis followed by the Covid-19 outbreak called on the availability of the ESM financial assistance on special conditions: the impact of the Meseberg choice in taking this decision is eventually considered.

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Sommario:

I. La strada verso Meseberg - II. Da una procedura di adozione sbilanciata verso il metodo intergovernativo a una procedura puramente intergovernativa - III. La rinuncia ad affermare il principio di responsabilità democratica del Meccanismo di stabilità - IV. La rinuncia alla tutela giurisdizionale piena della Corte di giustizia - V. Un bilancio d’insieme - VI. Il banco di prova della pandemia da Covid-19 - NOTE


I. La strada verso Meseberg

La riforma del Meccanismo europeo di stabilità (MES) ha fatto parte del progetto di sviluppare ulteriormente l’Unione economica e monetaria fin dal Reflection Paper pubblicato dalla Commissione nella primavera del 2017 [1], come seguito del Libro bianco sul futuro dell’Europa [2]. In effetti, la priorità attribuita a questa riforma risulta coerente con il ruolo dell’Unione economica e monetaria in tutti e quattro gli scenari in cui, secondo il Libro Bianco, l’integrazione europea potrebbe proseguire il suo sviluppo, sia pure con modalità molto diverse per strumenti formali e selezione dei temi. D’al­tro canto, nell’unico scenario – il secondo – caratterizzato dal congelamento di ogni prospettiva di ulteriore integrazione ad eccezione dello zoccolo duro del mercato interno, l’integrità della moneta unica veniva considerata a rischio. Il Reflection Paper lamentava, del MES, la frettolosa istituzione su base intergovernativa e il carattere asimmetrico che la sua configurazione attuale conferisce alla governance dell’Eurozona [3]. Tra le modifiche all’UEM che interessano il MES, il Reflection Paper caldeggiava il suo utilizzo come rete di salvataggio del sistema bancario in caso di insufficienza del Fondo di Risoluzione Unico [4] e, nella prospettiva dell’ulteriore sviluppo del quadro istituzionale dell’UEM, la piena integrazione del Meccanismo nell’ordinamento dell’Unione attraverso la sua confluenza nel Ministero del Tesoro UE e il suo utilizzo come fondamento del futuro Fondo Monetario europeo (FME) [5]. Le idee esposte nel Reflection Paper sono confluite nella Roadmap pubblicata dalla Commissione nel dicembre dello stesso anno. Riguardo al MES, questo documento prospettava precisamente l’utilizzo della sua consolidata struttura come base del FME, che avrebbe dovuto essere costituito nel quadro giuridico dell’integrazione europea. Ciò comportava pertanto l’assor­bimento del MES nell’ordinamento UE, dovendosi il FME istituire attraverso un regolamento con base giuridica nell’art. 352 TFUE. La relativa proposta è stata presentata in modo contestuale [6]. Riguardo ai compiti, oltre a quelli già propri del MES il FME avrebbe dovuto operare da rete di salvataggio comune del Fondo di [continua ..]

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II. Da una procedura di adozione sbilanciata verso il metodo intergovernativo a una procedura puramente intergovernativa

La scelta dell’art. 352 TFUE come base giuridica avrebbe richiesto il voto unanime del Consiglio previa approvazione del Parlamento europeo. Come si sa, la procedura legislativa speciale collegata alla clausola di flessibilità è infatti sbilanciata a favore dei governi degli Stati membri, e per giunta soggetta al veto di ciascuno, ma pur sempre avrebbe richiesto il concorso del Parlamento europeo attraverso un necessario voto positivo. Peraltro, sul filo dell’equilibrio istituzionale, il Parlamento europeo ha la tendenza a cercare di influenzare la definizione del contenuto degli atti legislativi per cui si richiederà la sua approvazione attraverso apposite risoluzioni adottate quando ancora l’esame preliminare del Consiglio sia in corso. Si veda, ad esempio, la prassi seguita riguardo all’istituzione della Procura europea [9]. Il peso, in questa procedura, della componente democratica dell’architettura istituzionale UE è insomma di tutto rilievo. A seguito della scelta di Meseberg, invece, il Parlamento europeo è stato completamente esautorato dalla procedura di adozione del nuovo Trattato MES (d’ora innanzi, TMES). Il Parlamento aveva già intrapreso iniziative volte a valorizzare al massimo il suo ruolo di approvazione. Per esempio, il Presidente della Commissione per il controllo dei bilanci aveva chiesto alla Corte dei conti dell’Unio­ne un parere sulla proposta di regolamento, con particolare riguardo a certi aspetti ritenuti di particolare importanza. Inoltre, coerentemente con la linea di tendenza appena ricordata, dopo la scelta di Meseberg e l’avvio dei seguiti della stessa nel quadro del Vertice Euro e dell’Eurogruppo nei termini visti, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione intitolata “Establishment of the European Monetary Fund” avente ad oggetto l’ormai inequivocabilmente accantonata proposta della Commissione [10]. Si tratta di una risoluzione fatta di singolari equilibrismi: da un lato guarda con favore alla proposta «to integrate the ESM into the EU legal order», peraltro a dispetto della data del tutto improbabile (14 marzo 2019); dall’altro lato, esprime giudizi costruttivi sui contenuti del nuovo Trattato formulando altresì proposte. Il Parlamento europeo ha così inviato ai governi un segnale di indisponibilità riguardo a farsi mettere nell’angolo [continua ..]

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III. La rinuncia ad affermare il principio di responsabilità democratica del Meccanismo di stabilità

Si è già detto come l’istituzione di una responsabilità del meccanismo di assistenza finanziaria nei confronti del Parlamento europeo costituiva una delle tre motivazioni addotte dalla Commissione a favore del suo assorbimento nel tessuto giuridico-istituzionale dell’Unione. La proposta di regolamento istitutivo del FME dava così seguito all’appello all’unità, all’effi­cienza e alla responsabilità democratica lanciato dal presidente Juncker nel discorso sullo stato dell’Unione del 13 settembre 2017. Secondo la Commissione, questo appello ha particolare urgenza riguardo all’Unione economica e monetaria [19]. Per quanto attiene al profilo della responsabilità democratica tale appello non può che essere condiviso. Si consideri l’andamento divergente del principio democratico, quale affermato attraverso il Parlamento europeo, nel processo di integrazione: sempre più radicato nei procedimenti legislativi, con l’elevazione della codecisione a procedura legislativa ordinaria nel Trattato di Lisbona e con l’estensione di tale procedura a un novero sempre più ampio di misure; declinato al più nel principio deliberativo, nel coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri che in termini sostanziali hanno un impatto sulle persone fisiche e giuridiche non meno intenso degli atti legislativi dell’Unione, specie per gli Stati che adottano l’Euro [20]. Peraltro, si è sostenuto come gli atti di diritto derivato che hanno potenziato tale coordinamento rispetto a quanto stabilito nel TFUE, in particolare i regolamenti pertinenti al Six Pack, abbiano ulteriormente indebolito il ruolo del Parlamento europeo nel processo decisionale, in quanto ne hanno lasciati inalterati i poteri a fronte del rafforzamento dei poteri delle altre istituzioni politiche [21]. Negli strumenti che hanno segnato l’esternalizzazione di elementi chiave dell’Unione economica e monetaria quali appunto il Trattato sul MES e quello noto come Fiscal Compact, gli unici momenti di responsabilizzazione verso il Parlamento europeo sono previsti da questo secondo trattato, con riferimento al Vertice Euro. Il Trattato Fiscal Compact stabilisce l’obbligo del presidente del Vertice di riferire al Parlamento europeo dopo ogni riunione del Vertice medesimo. A ciò si aggiunge [continua ..]

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IV. La rinuncia alla tutela giurisdizionale piena della Corte di giustizia

La repatriation del Meccanismo di stabilità avrebbe avuto come conseguenza il suo pieno inserimento nel circuito della tutela giurisdizionale dell’Unione. Nel quadro di una normalità di situazioni e di rapporti, tale conseguenza sembra invero di scarso rilievo per quanto attiene ai ricorsi sugli inadempimenti degli Stati. Il Trattato MES (sia quello attuale sia quello modificato) stabilisce infatti sanzioni a fronte dell’inadempimento di certi obblighi: tale è la sospensione dei diritti di voto, per l’intera durata dell’inadempienza, che scatta in caso di alcune condotte ex art. 4(8) (stessa numerazione nell’ac­cordo vigente e nel nuovo). In caso di mancato adeguamento di uno Stato beneficiario dell’assistenza finanziaria al relativo protocollo d’intesa, il mec­canismo preposto è invece la condizionalità, il cui rispetto regola il pagamento delle tranches successive alla prima. Salvo per l’appunto situazioni estreme, la tutela giurisdizionale appare addirittura inadeguata. Di tutt’altro rilievo per la legalità e l’equilibrio del sistema sarebbe stata la possibilità di sottoporre le decisioni del Meccanismo di assistenza finanziaria al controllo di legittimità della Corte di giustizia, sulla base dell’art. 263, comma 1, ult. frase [30]. L’utilità avrebbe riguardato soprattutto le decisioni in cui la Commissione non è coinvolta, poiché la prassi ha già dimostrato come la Corte possa esercitare il controllo giurisdizionale sull’attività della Commissione collegata al MES [31]. Infatti, per la Corte quest’istituzione è vincolata al ruolo di custode dei Trattati sull’integrazione europea da questi stessi affidatole anche quando operi al di fuori del quadro normativo del­l’Unione, come è, e probabilmente continuerà ad essere, riguardo al MES. Anche nelle decisioni del MES in cui risulta coinvolta la Commissione (in particolare nella stipulazione del protocollo d’intesa necessario per l’eroga­zione dell’assistenza finanziaria a qualsiasi titolo), comunque, la repatriation avrebbe ampliato la tutela giurisdizionale: secondo la prassi citata, nel­l’assetto attuale (corrispondente a quello futuro, in caso di effettiva stipulazione del nuovo accordo) il controllo di [continua ..]

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V. Un bilancio d’insieme

La scelta di Meseberg tocca corde profonde perché incide sul fil rouge che ha caratterizzato il processo di integrazione europea fin dal suo avvio: l’impostazione della cooperazione tra gli Stati secondo il c.d. metodo comunitario, così radicalmente diverso dal metodo classico, c.d. intergovernativo, da trasformare la cooperazione internazionale in cessione di sovranità. La scelta di Meseberg rivela una predilezione per il metodo intergovernativo particolarmente significativa: in generale, perché il Trattato di Lisbona – il Trattato della “grande comunitarizzazione”! – sembrava essersela lasciata alle spalle; in particolare, perché costituisce un dietrofront rispetto alla diversa strada che già si era imboccata. Il Trattato MES è però singolare perché, pur rappresentando la quintessenza della rinuncia al metodo comunitario, non corrisponde affatto all’ac­cantonamento di tale metodo [35]. Esso infatti attribuisce un ruolo di primissimo rilievo alla Commissione; affida compiti alla BCE; non sacrifica completamente la tutela giurisdizionale della Corte di giustizia e fa salvo l’acquis del diritto dell’Unione attraverso una clausola di aderenza che peraltro la Corte di giustizia, limitatamente all’operato della Commissione, ha in effetti esteso alla Carta dei diritti fondamentali [36]. Proprio in questo, paradossalmente, è la sua insidia, unitamente al lasciapassare fornito ai “trattati satellite” dalla Corte di giustizia, con la sentenza Pringle [37]: i vincoli che intrattiene con l’ordinamento dell’Unione inducono a sottovalutare la sua discontinuità rispetto allo stesso. Sotto questo profilo, la proposta del Parlamento europeo di istituire un protocollo «for an interim Memorandum of Cooperation (MoC) between the ESM and Parliament» appare tanto opportuna quanto, appunto, insidiosa. Essa determinerebbe infatti l’affermazione della responsabilità democratica nell’Unione economica e monetaria, ma al di fuori della cornice normativa dell’UE, con conseguenze istituzionali imprevedibili. Le conseguenze politiche sarebbero invece certamente in una direzione di disgregazione, specie se il passare del tempo facesse in effetti venir meno il carattere transitorio del protocollo. L’analisi svolta ha dimostrato che [continua ..]

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VI. Il banco di prova della pandemia da Covid-19

La gravissima crisi economica legata alla gestione della pandemia da Covid-19 ha costituito per la scelta di Meseberg un inaspettato banco di prova. Nella primavera scorsa, il MES è infatti balzato al centro del dibattito politico a causa del repentino materializzarsi della necessità, sia immediata sia a breve-medio termine, di ingenti risorse finanziarie per affrontare l’emer­genza sanitaria e per sostenere e rilanciare le economie in crisi. Nessuno Stato ha invero avanzato richieste di assistenza, ma è subito parso chiaro che le risorse necessarie potevano essere fornite, almeno in parte, dal Meccanismo. La discussione si è incentrata sulla condizionalità: alcuni Stati, che alle risorse del MES avrebbero potuto considerare di attingere, osteggiavano nettamente la politica di condizionalità e le pressioni che dalla sua attuazione strutturalmente derivano agli Stati debitori da parte di Commissione, BCE e Fondo monetario internazionale; altri Stati, preoccupati delle profonde criticità della situazione economica e finanziaria dei primi, della condizionalità sostenevano invece la rigorosa applicazione. Il confronto è stato probabilmente inasprito dal fatto che lo Stato membro più duramente colpito dalla pandemia fosse in quel momento l’Italia, Paese lontano dal pareggio di bilancio e forse anche dalla determinazione a conseguirlo, nonché governato da forze populiste. Riguardo alle condizioni e ai modi dell’utilizzo del MES nell’emergenza pandemica, si è così ritenuto di prendere delle decisioni di carattere generale in ordine alla tipologia di operazione da attivare in caso di richiesta e di condizioni da applicare ai relativi prestiti. Si è optato per l’istituzione di un nuovo strumento, con la denominazione di Pandemic Crisis Support [44]. Si è deciso di incardinare il nuovo strumento su una linea di credito precauzionale già esistente (la Enhanced Conditions Credit Line) [45], con fondamento giuridico nell’art. 14 del TMES, e di non abbinare i relativi prestiti ad alcuna condizione macroeconomica, ma di limitarsi a vincolare l’utilizzo delle som­me a spese direttamente o indirettamente legate all’emergenza sanitaria. Un tale utilizzo sarà l’unico oggetto della rendicontazione periodica richiesta. Si è deciso di dotare il Pandemic Crisis [continua ..]

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NOTE

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