Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
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L'economicità alla luce della giurisprudenza UE e della prassi della Commissione sui servizi socio-sanitari (di Daniele Gallo, Associato di Diritto dell’Unione europea, Università"LUISS Guido Carli" di Roma)


La nozione di attività economica, nel diritto della concorrenza, è governata dal criterio c.d. funzionale, per cui impresa è il soggetto che eroga un servizio contro remunerazione e in contesto di mercato, anche potenziale. L’articolo dimostra che, nel settore socio-sanitario, un tale criterio non è accolto in maniera univoca dalle istituzioni UE. L’auspicio è che, in prospettiva, Corte di giustizia e Commissione limitino il più possibile l’incertezza giuridica in questa materia.

The Concept of Economic Activity in the Light of the EU Jurisprudence and the Commission’s Practice on Social Services and Healthcare

The concept of economic activity under EU competition law is governed by a functional criterion, according to which there is an undertaking inasmuch as the entity provides a service for remuneration and in a market context, albeit only potential. The article argues that, in respect to social services and healthcare, such criterion is not always strictly endorsed by EU institutions. The hope is that, in the future, the CJEU and the Commission will limit as far as possible the legal uncertainty in the field.

KEYWORDS: Economic Activity – Functional Criterion – Competition Law – Social Services and Healthcare.

SOMMARIO:

I. La natura economica di un’attività quale presupposto per l'applicazione del diritto UE e la sua funzionalizzazione. - II. Il criterio funzionale nel settore socio-sanitario, oggi, tra temperamenti e accoglimento integrale: i sistemi assicurativi e previdenziali. - III. (Segue): le prestazioni sanitarie. - IV. Considerazioni conclusive. - NOTE


I. La natura economica di un’attività quale presupposto per l'applicazione del diritto UE e la sua funzionalizzazione.

Come noto, il diritto UE della concorrenza trova applicazione a condizione che l’attività svolta da una o più persone fisiche o giuridiche abbia carattere economico [1]. Con riferimento al diritto antitrust, al trattamento delle imprese pubbliche e titolari di diritti speciali ed esclusivi e al divieto di aiuti di Stato, in particolare, deve trattarsi di un’impresa, in Höfner definita come «qualsiasi entità che esercita un’attività economica» [2]. Se l’attività non è economica e quindi il soggetto che la esercita non è un’impresa, gli Stati godono di un ampio margine di discrezionalità: i loro poteri regolatori non sono, infatti, sottoposti alle regole europee sul mercato e la concorrenza. Competente a decidere circa la qualificazione di un soggetto quale impresa è la Corte di giustizia. La ratio, infatti, sta nell’impedire alle autorità nazionali di restringere tale concetto a loro piacimento al fine di escludere il maggior numero possibile di attività dal mercato, con il risultato di mettere in discussione l’effettività del diritto UE e la sua attuazione uniforme negli ordinamenti nazionali [3]. In quest’ottica, rileva solamente il dato concreto della produzione e dello scambio di beni e servizi, a prescindere dallo status giuridico dell’ente, dalla sua organizzazione, dalle modalità di finanziamento e dal fine di lucro [4]. Il criterio elaborato dai giudici UE è, quindi, funzionale. Anche con riguardo all’attività esercitata da un ente pubblico, la Corte di giustizia ha affermato, nella sentenza Amministrazione monopoli di Stato del 16 giugno 1987, che è economica «qualsiasi attività che consiste nell’offrire merci o servizi su un determinato mercato» [5]. Quanto agli elementi costitutivi del concetto di economicità, in assenza di un punto fermo ed esplicito nella giurisprudenza UE, può dirsi che ve ne sia­no due [6]: l’offerta di beni e servizi e la presenza di un mercato. Per quel che concerne il primo, l’indagine ruota intorno alla nozione di remunerazione (e, in misura minore, alla sopportazione del rischio economico-finan­zia­rio), mentre, in relazione al secondo, ad assumere un peso decisivo è il principio [continua ..]


II. Il criterio funzionale nel settore socio-sanitario, oggi, tra temperamenti e accoglimento integrale: i sistemi assicurativi e previdenziali.

Con particolare riguardo al settore socio-sanitario, oggetto specifico di questo contributo, Corte di giustizia e Tribunale hanno recepito il criterio funzionale in maniera integrale in una varietà di sentenze. In FFSA, a proposito di un regime integrativo e facoltativo di assicurazio­ne per la vecchiaia dei coltivatori diretti, il carattere economico dell’atti­vità è determinato dalla circostanza che l’ammontare delle prestazioni erogate dipende esclusivamente dai contributi versati e dai risultati degli investimenti effettuati dall’ente, in linea con il principio di capitalizzazione [8]. In Albany, in relazione a un fondo pensione integrativo costituito nel settore tessile, la natura di impresa del fondo deriva dalla duplice circostanza che esso stabilisce l’ammontare dei contributi e delle prestazioni e che funziona in base al principio della capitalizzazione, a prescindere dall’assenza del fine di lucro [9]. Un ragionamento simile è svolto in Pavlov, dove la Corte attribuisce la qualifica di impresa a un fondo pensione integrativo per medici specialisti [10]. In BUPA [11], in merito a un regime di assicurazione privata di malattia in Irlanda, alternativo al regime pubblico, il Tribunale, nella sua indagine, muove dal presupposto che il sistema irlandese ha carattere economico [12]. Peraltro, in una decisione del 2016 relativa allo stesso settore assicurativo irlandese, la Commissione giunge a identica conclusione sulla base di un’analisi centrata sulla concorrenza tra operatori privati [13]. Nel caso in cui, in un unico regime, indici di solidarietà coesistano con caratteristiche differenti, improntate al principio di capitalizzazione [14], alla complementarietà (rispetto a quanto previsto da un regime di base) delle prestazioni [15] e al fine di lucro [16], la determinazione del regime dipende dalla prevalenza di alcuni fattori rispetto ad altri [17]. Ad esempio, nel caso AG2R Prévoyance [18], in relazione alla natura di un istituto previdenziale disciplinato dal codice della previdenza sociale francese, la Corte di giustizia, pur riscontrando la sussistenza di uno scopo sociale, la natura obbligatoria della tutela sociale complementare [19] e l’assenza di proporzionalità tra prestazioni erogate e i contributi [20], perviene a [continua ..]


III. (Segue): le prestazioni sanitarie.

La Corte di giustizia si è concentrata sul significato di economicità anche con riferimento all’ambito sanitario, con particolare riguardo all’offer­ta di prestazioni mediche ai pazienti. Nella giurisprudenza più risalente non c’è convergenza quanto all’ap­proccio adottato. Infatti, in Ambulanz Glöckner [49] la Corte di giustizia qualifica come economica l’attività di trasporto di malati, di urgenza e non [50], in ragione della remunerazione versata dai pazienti e della circostanza che detta attività non è sempre stata esercitata o non è necessariamente esercitata dagli enti considerati nel caso di specie [51]. In FENIN, al contrario, i giudici UE escludono che l’art. 102 TFUE possa applicarsi agli enti di gestione spagnoli del Sistema Nacional de Salud. Ad avviso della Corte di giustizia, tali enti non svolgono alcun servizio economico poiché il principio che li guida è quello di solidarietà e perché l’origine pubblica del finanziamento esclude l’esistenza di una remunerazione [52]. Il ri­sultato è la rivalutazione della dicotomia pubblico/privato ai fini dell’inter­vento del diritto UE: se il finanziamento del servizio sanitario è privato, in quanto proviene dai singoli pazienti quale corrispettivo, l’attività è economica; se invece è pubblico, il rapporto triangolare paziente-ospedale-Stato/ter­zo pagatore esclude che vi sia una remunerazione e quindi il servizio va considerato privo di carattere economico [53]. Ora, l’impostazione altalenante dei giudici UE pare reiterarsi anche nella prassi più recente della Commissione [54]. Il criterio funzionale temperato indirizza la valutazione del servizio sanitario nazionale condotta nella decisione del 4 dicembre 2017 sugli ospedali pubblici della Regione Lazio [55]. Nella sua indagine concernente la natura delle compensazioni erogate dalla Regione ad alcuni ospedali, la Commissione ha negato che potessero qualificarsi, a monte, come aiuti di Stato in quanto prive del requisito dell’economicità. Il fatto che il sistema sanitario nazionale, a seguito dei processi di modernizzazione iniziati negli anni novanta, presenti alcune caratteristiche tipiche di un sistema guidato da principi di natura [continua ..]


IV. Considerazioni conclusive.

L’impostazione seguita da giudici UE e Commissione presenta una criticità e si caratterizza per due aspetti evolutivi. Quanto alla criticità, c’è incertezza circa la rilevanza da attribuire agli indici di solidarietà per quel che attiene sia ai sistemi assicurativi e previdenziali che all’assistenza sanitaria. Da qui la compresenza, nella prassi delle istituzioni UE, di un criterio funzionale temperato e di un criterio funzionale integrale. Il primo aspetto evolutivo consiste nel fatto che, attualmente, un tale oscillamento, alla luce della giurisprudenza più recente, sembra pendere a favore del criterio funzionale integrale, come dimostrato dalle pronunce EasyPay e Dôvera zdravotná poist’ovňa. Per quanto riguarda il secondo aspetto evolutivo, con riferimento all’am­bito dell’assistenza sanitaria, dalla giurisprudenza e in particolare dalla prassi della Commissione si evince l’affermazione di una dicotomia [62] tra due modelli di sanità: uno, vigente in alcuni Paesi membri, dove gli ospedali pubblici sono parte dei servizi sanitari nazionali e, in quanto tali, finanziati «dai contributi di sicurezza sociale e da altre risorse statali» e prestano i propri servizi «gratuitamente sulla base di una copertura universale» [63]; un altro, diffuso in altri Stati, dove le prestazioni sanitarie sono offerte «contro pagamento di un prezzo, direttamente da parte dei pazienti oppure da parte della loro assicura zione» e nell’ambito di un regime connotato da «un certo grado di concorrenza» [64]. Solo nel primo modello l’attività non sarebbe da considerarsi economica; nel secondo, infatti, i soggetti deputati a erogare le cure mediche andrebbero qualificati come imprese. Ora, se è vero che è arduo, se non impossibile, prescindere dalla circostanza che sistemi riconducibili solamente a un regime piuttosto che a un altro (soggetti esclusivamente al criterio funzionale temperato o integrale, quindi) nella pratica non esistono, è vero altresì che l’impostazione delle istituzioni UE ha il vantaggio di porre al centro l’indagine sul come, concretamente, operano i sistemi di welfare degli Stati membri. Oltretutto, a sostegno dell’impostazione che pare progressivamente cristallizzarsi [continua ..]


NOTE