Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

07/02/2017 - Secondo l'avvocato generale Mengozzi, gli Stati membri devono rilasciare un visto per ragioni umanitarie quando sussistono fondati motivi per ritenere che un rifiuto esporrà le persone richiedenti la protezione internazionale alla tortura o a trattamenti inumani o degradanti

argomento: Giurisprudenza - Unione Europea

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Nelle sue conclusioni, presentate il 7 febbraio 2017 nel caso X e X (causa C-638/16 PPU), relativo ad una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio del contenzioso degli stranieri (Belgio), vertente sull’interpretazione di disposizioni del c.d. “codice dei visti” (v. regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009) alla luce, segnatamente, degli articoli 4 e 18 della Carta dei diritti fondamentali (rispettivamente, sul divieto della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, e sul diritto di asilo), l’avvocato generale Mengozzi propone alla Corte, in sostanza, di affermare che lo Stato membro, al quale un cittadino di un paese terzo chiede il rilascio di un visto a validità territoriale limitata per ragioni umanitarie, è tenuto a rilasciare siffatto visto se esistono fondati motivi per ritenere che il rifiuto di procedere al rilascio di tale documento condurrà alla diretta conseguenza di esporre tale cittadino a subire trattamenti vietati dal suddetto art. 4 della Carta, privandolo di un mezzo legale per esercitare il suo diritto a richiedere la protezione internazionale in detto Stato membro.

In particolare, l’Avvocato generale si oppone a un’interpretazione del codice dei visti in base alla quale quest’ultimo conferirebbe agli Stati membri unicamente una semplice abilitazione a rilasciare tali visti. La sua posizione si fonda tanto sul tenore letterale e sulla struttura delle disposizioni del codice dei visti quanto sulla necessità per gli Stati membri, nell’ambito del loro margine di discrezionalità, necessariamente inquadrato dal diritto dell’Unione, di rispettare i diritti garantiti dalla Carta nell’applicare tali disposizioni.

Avendo riguardo al caso di specie, relativo alle richieste di visti di validità territoriale limitata, inoltrate presso (ma respinte da) la rappresentanza diplomatica belga in Libano da parte di cittadini siriani, al fine di lasciare la città di Aleppo, posta sotto assedio, ed introdurre una domanda d’asilo in Belgio, l’Avvocato generale sostiene che è innegabile che in Siria i ricorrenti erano esposti, quanto meno, a rischi reali di trattamenti inumani di estrema gravità rientranti manifestamente nell’ambito di applicazione del divieto previsto all’art. 4 della Carta. Alla luce in particolare delle informazioni disponibili sulla situazione in Siria, il suddetto Stato membro non poteva concludere di essere esonerato dal soddisfare il suo obbligo positivo a norma del citato art. 4 della Carta.