Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

14/07/2016 - Concessioni demaniali marittime. Una pronuncia definitiva della Corte di giustizia sulla incompatibilità con il diritto europeo della loro proroga ex lege e quindi senza procedura trasparente di gara

argomento: Giurisprudenza - Unione Europea

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Con una sentenza del 14 luglio 2016, nel caso Promoimpresa (cause riunite C‑458/14 e C‑67/15), rispondendo a dei quesiti pregiudiziali sollevati dal TAR Lombardia e dal TAR Sardegna, la Corte di giustizia ha dichiarato, in sostanza, che la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (c.d. “direttiva servizi”) osta a misure, quali quelle adottate dall’Italia, che prevedono la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime (e lacuali) in essere per attività turistico‑ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati.

In particolare, la Corte ha riconosciuto in primo luogo che, ai sensi dell’art. 12 della direttiva servizi, uno Stato membro può limitare il numero di concessioni disponibili per l’esercizio di una determinata attività di sfruttamento economico, tenuto conto “della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili”. Posto, poi, che spetta al giudice del rinvio valutare se tali condizioni sono soddisfatte nei casi di specie (relativi a concessioni d’uso del demanio tanto marittimo che lacustre), e quindi se la direttiva servizi è in effetti applicabile, la Corte ha affermato che, in base a detta direttiva, il rilascio di tali concessioni deve essere soggetto a una procedura di selezione tra i potenziali candidati che offra tutte le garanzie di imparzialità e di trasparenza (in particolare, un’adeguata pubblicità). Orbene, secondo la Corte, la proroga automatica ex lege della durata delle concessioni in questione non consente di organizzare una siffatta procedura. Inoltre, sempre secondo la Corte, una simile proroga non può essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, quali, segnatamene, la necessità di tutelare il legittimo affidamento dei titolari delle stesse concessioni di modo che essi possano ammortizzare gli investimenti effettuati. Tali motivi, però, possono essere tenuti in conto al momento di stabilire le regole della suddetta procedura di selezione.

In secondo luogo, i giudici di Lussemburgo hanno sancito che, nel caso in cui la direttiva servizi non fosse applicabile e qualora concessioni come quelle in oggetto presentino “un interesse transfrontaliero certo”, la loro proroga automatica a favore di imprese di uno Stato membro (senza bandire alcuna procedura trasparente di gara) dà vita ad una disparità di trattamento a danno delle imprese di altri Stati membri potenzialmente interessate a tali concessioni, la quale è contraria all’art. 49 TFUE (relativo alla libertà di stabilimento). Infatti, in sostanza, il principio – invocato dal governo italiano – della certezza del diritto, che mira (attraverso la proroga automatica) a consentire ai concessionari di ammortizzare i loro investimenti, non può essere addotto per giustificare una siffatta disparità di trattamento laddove le concessioni siano state attribuite quando era già chiaro che esse presentavano un interesse transfrontaliero certo dovendo perciò essere soggette a un obbligo di trasparenza.