Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

02/05/2018 - La Corte di giustizia afferma che l'espulsione da parte dello Stato ospitante di un cittadino dell'Unione o di un suo familiare, sospettato di aver partecipato in passato a crimini di guerra, dev'essere valutata caso per caso

argomento: Giurisprudenza - Unione Europea

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Secondo la Corte di giustizia (sentenza 2 maggio 2018, cause riunite C-331/16, K. c. Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie, e C-366/16, H. F. c. Belgische Staat), il fatto che un cittadino dell’Unione (o un cittadino di un paese terzo familiare di tale cittadino) sia stato destinatario in passato, prima di divenire tale, di una decisione di esclusione dal beneficio dello status di rifugiato, poiché sussistevano seri motivi di sospettare che avesse commesso un crimine di guerra, un crimine contro l’umanità o atti contrari agli scopi e ai principi delle Nazioni Unite, non può automaticamente portare alla constatazione che la sua semplice presenza sul territorio dello Stato membro ospitante costituisca una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per un interesse fondamentale della società, da giustificare un provvedimento di espulsione ai sensi della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Infatti, prima di adottare una misura fondata su motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, è necessaria una valutazione caso per caso.

La constatazione dell’esistenza di una tale minaccia deve essere fondata su una valutazione del comportamento personale dell’interessato, prendendo in considerazione le conclusioni della decisione di esclusione dal beneficio dello status di rifugiato e gli elementi su cui essa è fondata, in particolare la natura e la gravità dei crimini o degli atti che gli sono contestati, il livello del suo coinvolgimento personale in essi, l’eventuale esistenza di motivi di esonero da responsabilità penale e l’esistenza o meno di una condanna penale. Tale valutazione globale deve anche tener conto del tempo trascorso dalla presunta commissione di tali crimini o atti nonché del comportamento successivo di tale persona, e in particolare considerare se tale comportamento manifesti la persistenza di un atteggiamento che attenti ai valori fondamentali dell’Unione, quali la dignità umana e i diritti dell’uomo, e sia quindi, in quanto tale, idoneo a costituire una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per un interesse fondamentale della società ai sensi della direttiva.