Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

31/05/2018 - Il Tribunale dell'Unione annulla delle decisioni dell'ufficio di presidenza del Parlamento europeo che avevano irrogato sanzioni nei confronti di un eurodeputato per le sue dichiarazioni rilasciate nell'emiciclo

argomento: Giurisprudenza - Unione Europea

Articoli Correlati: tribunale Unione Europea - sanzioni

Con due sentenze del 31 maggio 2018 (T-770/16 e T-352/17, Janusz Korwin-Mikke c. Parlamento), il Tribunale dell’Unione ha annullato le decisioni del 5 luglio 2016 e del 14 marzo 2017 con cui il presidente del Parlamento europeo ha irrogato varie sanzioni al membro del Parlamento Janusz Korwin-Mikke per talune dichiarazioni particolarmente scioccanti nei confronti dei migranti e delle donne. In tali sentenze il Tribunale sottolinea che alla libertà di espressione dei parlamentari debba essere garantita una tutela rafforzata tenuto conto dell’importanza fondamentale che il Parlamento riveste in una società democratica. Tuttavia, l’esercizio di tale libertà all’interno del Parlamento deve talvolta cedere dinanzi agli interessi legittimi quali la tutela del buon ordine delle attività parlamentari e la tutela dei diritti degli altri parlamentari. Ne consegue che il regolamento interno di un parlamento potrebbe prevedere la possibilità di sanzionare dichiarazioni rilasciate dai parlamentari solo nell’ipotesi in cui queste ultime compromettano il suo funzionamento efficace o rappresentino una forma di serio pericolo per la società, quali l’incitamento alla violenza o all’odio razziale.

Nel caso di specie, tuttavia, il Tribunale ha ritenuto che dalle prove e dichiarazioni presentate in causa non sia effettivamente emerso che le dichiarazioni rilasciate dal sig. Korwin-Mikke dinanzi al Parlamento in occasione di due sessioni plenarie del 2017 avessero creato una qualsivoglia turbativa di tali sessioni, così come richiesto dall’art. 166 del Regolamento interno del Parlamento per l’adozione di sanzioni in caso di violazione del divieto di «un linguaggio o (…) comportamento diffamatorio, razzista o xenofobo» previsto dall’art. 11, par. 3, secondo comma, dello stesso Regolamento.