Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

04/03/2022 - Cittadini di paesi terzi e diritto di accesso all’assegno di natalità e all’assegno di maternità

argomento: Giurisprudenza - Italiana

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Facendo seguito alla sentenza pronunciata dalla Corte di giustizia sulla base di un suo rinvio pregiudiziale (2 settembre 2021, C-350/2021, O. D. e a.), l’11 gennaio 2022 la Corte costituzionale ha dichiarato (sentenza n. 54/2022, depositata il 4 marzo 2022), perché contrastanti “con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione al diritto europeo secondario e all’art. 34 CDFUE”, l’illegittimità costituzionale di alcune norme italiane che escludono dalla concessione dell’assegno di natalità e dell’assegno di maternità i cittadini di Paesi terzi che sono stati ammessi nello Stato a fini lavorativi a norma del diritto dell’Unione o nazionale e i cittadini di Paesi terzi che sono stati ammessi a fini diversi dall’attività lavorativa a norma del diritto dell’Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi.

A giudizio della Corte costituzionale, infatti, nel condizionare il riconoscimento dell’assegno di natalità e dell’assegno di maternità alla titolarità di un permesso di soggiorno in corso di validità da almeno cinque anni, al possesso di un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale e alla disponibilità di un alloggio idoneo, il legislatore ha fissato requisiti privi di ogni attinenza con lo stato di bisogno che le prestazioni in esame si prefiggono di fronteggiare. Dal canto suo, invece, l’art. 34 CDFUE, l’Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali che assicurano protezione in casi quali la maternità, la malattia, gli infortuni sul lavoro, la dipendenza o la vecchiaia, oltre che in caso di perdita del posto di lavoro, secondo le modalità stabilite dal diritto dell’Unione e dalle legislazioni e dalle prassi nazionali. E soprattutto riconosce a ogni persona che risieda o si sposti legalmente all’interno dell’Unione il diritto alle prestazioni di sicurezza sociale e ai benefici sociali, in conformità al diritto dell’Unione e alle legislazioni e alle prassi nazionali, dando così corpo a un diritto alla parità di trattamento nel settore della sicurezza sociale.