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Il futuro del rinvio pregiudiziale nell'architettura giurisdizionale dell'Unione europea

Chiara Amalfitano

Dopo aver sinteticamente analizzato l’origine dell’istituto del rinvio pregiudiziale e il suo sviluppo attraverso la giurisprudenza della Corte di giustizia (che ha altresì contribuito, proprio tramite pronunce pregiudiziali, a forgiare l’ordinamento giuridico del­l’Unione), il lavoro esamina la recente proposta di modifica dello Statuto della CGUE finalizzata (tra l’altro) al trasferimento della competenza pregiudiziale su «specifiche materie» al Tribunale. L’analisi della proposta è contestualizzata rispetto alla riforma del 2015 sul raddoppio del numero dei giudici del Tribunale e mette in luce criticità della stessa, altresì ipotizzando alcune soluzioni che potranno essere adottate per darvi “attuazione” mediante i regolamenti di procedura di Corte e Tribunale.

Parole chiave: Rinvio pregiudiziale – Statuto CGUE – modifica del Protocollo n. 3 – competenza del Tribunale in materie specifiche

The future of preliminary rulings in the EU judicial system

After briefly analyzing the origins of the preliminary reference procedure and its development through the ECJ’s case law (which has also contributed, precisely through the preliminary rulings, to shaping the EU legal order), the paper examines the recent proposal to amend the Statute of the CJEU with a view to (among other things) transfer the jurisdiction pursuant to Article 267 TFEU to the General Court “in specific areas laid down by the Statute”. The contribution contextualizes the proposal having regard to the 2015 reform on doubling the number of judges of the General Court and highlights its criticalities, also speculating on possible solutions concerning its implementation through the Rules of Procedure of the Court and General Court.

Keywords: Preliminary ruling – Statute of the Court of Justice of the European Union – Amendments to Protocol No 3 – Jurisdiction of the General Court in specific areas.

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Sommario:

I. Premessa: le origini del rinvio pregiudiziale e la sua affermazione quale “chiave di volta del sistema giurisdizionale dell’Unione europea” - II. Le modifiche apportate all’architet­tura giurisdizionale dell’Unione dal trattato di Nizza e la loro parziale attuazione (e “ritrattazione”) tra il 2004 e il 2019 - III. La relazione del dicembre 2020 della Corte di giustizia dell’Unione europea a fronte del raddoppio del numero dei giudici dei Tribunale e il riavvio della discussione sul possibile trasferimento della competenza pregiudiziale al Tribunale - IV. La domanda, del dicembre 2022, di modifica dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea finalizzata a realizzare (anche) siffatto trasferimento - V. Qualche riflessione conclusiva (e, in parte, necessariamente provvisoria) - NOTE


I. Premessa: le origini del rinvio pregiudiziale e la sua affermazione quale “chiave di volta del sistema giurisdizionale dell’Unione europea”

Un’analisi del futuro del rinvio pregiudiziale, che consenta di comprendere “dove andiamo”, non può che prendere le mosse dal passato, dalle origini dell’istituto. Ricordare (seppur sinteticamente) “da dove veniamo”, le radici dello strumento di cooperazione tra giudice “comune” e Corte di giustizia, passando per le tappe essenziali del suo sviluppo, consente infatti di meglio capire “chi siamo oggi”, come l’evoluzione dell’istituto abbia contribuito all’evoluzione del processo di integrazione europea; e quindi di meglio riflettere su come il meccanismo in esame potrà evolversi, ragionando su se e come siffatta nuova trasformazione potrebbe delineare un nuovo assetto nei rapporti tra giudici nazionali e giudici dell’Unione e (eventualmente) nuove “manifestazioni” del dialogo (bilaterale e forse anche triangolare, con la Corte costituzionale), in particolare nella misura in cui essa impattasse sulla percezione dello strumento (e della sua reale utilità) da parte delle giurisdizioni nazionali che sollevano il rinvio. Con il primato e l’effetto diretto, il rinvio pregiudiziale rappresenta quel triangolo magico che costituisce l’hard core del processo di integrazione europea [1]. Esso è oggi elemento identificativo dell’ordinamento giuridico (costituzionale) dell’Unione europea, «chiave di volta del sistema giurisdizionale dell’Unione» che mira «ad assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione», garantendo «la coerenza, la piena efficacia e l’autonomia di tale diritto nonché [...] il carattere peculiare dell’ordinamento istituito dai Trattati» [2]. Tale espressione, ormai consolidata nella giurisprudenza della Corte di giustizia a partire dal noto parere 2/13, sull’adesione dell’Unione alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo [3], è stata peraltro coniata (o, comunque, già impiegata) – a quanto consta – dal Gruppo di riflessione sull’avvenire del sistema giurisdizionale delle (allora ancora) Comunità europee [4], incaricato nel 1999 dalla Commissione europea di formulare suggerimenti (alcuni poi confluiti nelle modifiche apportate ai trattati a Nizza) per far fronte al continuo aumento del carico di lavoro della Corte [continua ..]

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II. Le modifiche apportate all’architet­tura giurisdizionale dell’Unione dal trattato di Nizza e la loro parziale attuazione (e “ritrattazione”) tra il 2004 e il 2019

Analizzate, seppur sinteticamente, le peculiarità essenziali e attuali dell’istituto del rinvio pregiudiziale e visto, dunque, “chi siamo”, occorre concentrarsi sul futuro dell’istituto, ovvero sul “dove andiamo”. Per rispondere a questo interrogativo ed esaminare i possibili futuri sviluppi del meccanismo pregiudiziale, è però opportuno fare (ancora) un (piccolo) passo indietro, partendo dalle modifiche apportate all’architettura giurisdizionale dell’Unione dal trattato di Nizza nel 2001 [34]. Come noto, tale trattato ha previsto, tra l’altro, (i) la possibile creazione di tribunali specializzati (allora camere giurisdizionali), di cui oggi si trova ancora traccia nel­l’art. 19 TUE e nell’art. 257 TFUE, che affiancassero il Tribunale per decidere di alcune specifiche controversie e soprattutto, per quel che ci riguarda, (ii) il possibile trasferimento della competenza pregiudiziale al Tribunale, «in materie specifiche determinate dallo Statuto» (oggi art. 256, par. 3, TFUE). Come altrettanto noto, nel novembre 2004 si è proceduto all’istituzione del Tribunale della funzione pubblica (TFP) [35], competente per controversie in materia di personale (art. 270 TFUE), le cui decisioni sono impugnabili in Tribunale (le cui pronunce sono, a loro volta, eccezionalmente suscettibili di riesame «ove sussistano gravi rischi che l’unità o la coerenza del diritto dell’Unione siano compromesse»: v. art. 256, par. 2, TFUE). Nel 2011 si iniziò a discutere della possibile creazione di nuovi tribunali specializzati, per ridurre il carico di lavoro del Tribunale e assicurare la durata ragionevole dei processi (anche in vista dell’adesione dell’Unione alla CEDU, che all’epoca appariva relativamente imminente). Tuttavia, prese rapidamente il sopravvento una diversa soluzione (che si riteneva meglio soddisfacesse esigenze di efficacia, urgenza, flessibilità e coerenza), quella dell’aumento del numero dei giudici del Tribunale (prima nel numero di dodici unità, poi di sole nove): si tratta di soluzione certo diversa da (e forse in qualche misura in controtendenza rispetto a) quella “maestra” prevista dai trattati, ma ad ogni modo da essi “consentita”, prevendendo in effetti l’art. 19, par. 2, TUE che il Tribunale sia composto da «almeno un [continua ..]

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III. La relazione del dicembre 2020 della Corte di giustizia dell’Unione europea a fronte del raddoppio del numero dei giudici dei Tribunale e il riavvio della discussione sul possibile trasferimento della competenza pregiudiziale al Tribunale

Il citato regolamento 2015/2422 sul raddoppio del numero dei giudici del Tribunale prevede altresì, all’art. 3, par. 1, che la Corte di giustizia presentasse anche – entro dicembre 2020 – una relazione sul funzionamento del Tribunale a ranghi raddoppiati. Essa avrebbe dovuto soffermarsi, in particolare, «sull’efficienza del Tribunale, la necessità e l’efficacia dell’aumento del numero dei giudici a [54], l’utilizzo e l’efficienza delle risorse e l’istitu­zione di ulteriori sezioni specializzate e/o altre modifiche strutturali»; se del caso, alla luce dei risultati raggiunti mediante tutte le modifiche intervenute, la Corte avrebbe anche potuto presentare nuove richieste legislative volte a modificare di conseguenza il suo Statuto. Tale relazione [48] considera prematura una modifica dello Statuto e non al­l’ordine del giorno una diversa ripartizione di competenze tra le due istanze giudiziarie. La parte V – «Sintesi e conclusioni operative» – chiude, infatti, la relazione affermando che: «[u]na ridefinizione della ripartizione delle competenze giurisdizionali tra la Corte di giustizia e il Tribunale non si impone attualmente. Tenuto conto dell’analisi che precede e dei risultati particolarmente positivi registrati dalla Corte di giustizia nel 2020, i quali si manifestano attraverso una significativa riduzione del volume di cause pendenti, appare al contempo possibile e opportuno attendere che l’aumento del numero di giudici del Tribunale esplichi tutti i suoi effetti – in particolare alla luce dell’evoluzione della sua organizzazione e dei suoi metodi di lavoro, sopra considerati – prima di formulare, se del caso, una richiesta legislativa diretta a modificare lo Statuto sul fondamento dell’art. 281, 2° c., TFUE, come previsto dall’art. 3, par. 1, 3° c., del regolamento 2015/2422». Ed anzi «l’accresciuto ricorso, da parte del Tribunale, ai collegi ampliati a cinque giudici e l’esperienza concernente l’applicazione, da parte della Corte di giustizia, del meccanismo di ammissione preventiva delle impugnazioni potranno servire da base per una riflessione su un’eventuale estensione di tale meccanismo ad altri settori del contenzioso» [49], su cui dunque la Corte di giustizia sembra immaginare (al più) di concentrarsi nel prossimo [continua ..]

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IV. La domanda, del dicembre 2022, di modifica dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea finalizzata a realizzare (anche) siffatto trasferimento

Alla luce delle ragioni e dei dati di cui sopra, nell’interesse della buona amministrazione della giustizia – richiamato espressamente nel considerando n. 2 della proposta di regolamento che modifica lo Statuto, presentata dalla Corte di giustizia a dicembre 2022 – occorre dunque avvalersi, secondo l’istituzione giudiziaria, della facoltà di cui all’art. 256, par. 3, TFUE, individuando una serie di materie rispetto alle quali devolvere la competenza pregiudiziale al Tribunale [58]. Come noto, l’art. 281, comma 2, TFUE prevede che modifiche alle disposizioni dello Statuto della Corte di giustizia (diverse da quelle inserite nel titolo I e dall’art. 64, che possono essere oggetto di revisione solo per il tramite della procedura di cui all’art. 48 TUE) possono essere apportate da Parlamento europeo e Consiglio che deliberano, mediante procedura legislativa ordinaria, su richiesta della Corte di giustizia e previa consultazione della Commissione o su proposta della Commissione e previa consultazione della Corte di giustizia. Nel caso di specie, essendo stata avviata la procedura su domanda dell’istituzione giudiziaria, occorrerà un parere della Commissione prima che la proposta di regolamento possa essere formalmente discussa dal legislatore dell’Unione. L’auspicio – si vocifera a Lussemburgo e a Bruxelles – è che l’iter normativo possa concludersi in tempo utile perché il regolamento entri in vigore, o ancora meglio il trasferimento di competenza possa operare, da gennaio 2024 [59]. Peraltro, come accennato, la proposta di regolamento interviene su due cotés differenti per ridurre il carico di lavoro della Corte, non solo prevedendo il trasferimento della competenza pregiudiziale al Tribunale in determinate materie, ma altresì estendendo il meccanismo (in vigore da maggio 2019) di ammissione preventiva delle impugnazioni delle decisioni del Tribunale, che però non sarà oggetto di trattazione nel prosieguo [60]. Concentrandosi, dunque, sulla sola “attuazione” del richiamato art. 256, par. 3, TFUE, la proposta di regolamento – prevedendo l’introduzione del­l’art. 50 ter dello Statuto – individua, al suo par. 1, cinque materie rispetto alle quali il Tribunale sarà competente in via pregiudiziale: «il sistema comune di imposta sul valore aggiunto; – [continua ..]

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V. Qualche riflessione conclusiva (e, in parte, necessariamente provvisoria)

In attesa di conoscere, innanzitutto, la posizione della Commissione europea rispetto alla proposta oggetto di esame, non ci si può esimere da qualche riflessione, anche critica, sulle scelte operate dalla Corte di giustizia, pur nella consapevolezza che si tratta di scelte frutto di dibattito interno ad essa che, meglio di qualunque altro soggetto, conosce i problemi anche organizzativi e gestionali e le sfide del contenzioso dell’Unione. In primis, pare opportuna qualche considerazione sulla scelta delle materie rispetto a cui trasferire la competenza al Tribunale. Diversamente dalle notizie circolate in fase di discussione della proposta e prima della sua formalizzazione, non si è previsto un trasferimento di competenza anche rispetto ad altri atti specifici di diritto derivato, specie (come pareva si discutesse) in materia di asilo e immigrazione. Ci si potrebbe chiedere, quindi, perché non sia stata prevista la competenza del Tribunale in materia (tra tutte quelle che erano state suggerite dalla dottrina) di proprietà intellettuale, dove esso ha acquisito da tempo una forte expertise, consolidatasi ulteriormente, da ultimo, con la creazione delle sei sezioni specializzate; e, almeno con riguardo al rinvio pregiudiziale di validità, per le stesse fattispecie rispetto a cui esso è investito di un ricorso per annullamento (e in carenza) anche quando il ricorrente è uno Stato membro ai sensi dell’art. 51 Statuto: non è escluso che anche tale soluzione sia stata discussa, ma forse si è ritenuto che la gestione in concreto del riparto di competenza tra le due istanze giudiziarie sulla base di siffatto criterio fosse troppo complessa. Quel che anche potrebbe destare qualche perplessità è che non si sia immaginato di trasferire al Tribunale la competenza negli ambiti (eccezion fatta per il caso delle clausole compromissorie) in cui si dispone l’operatività del meccanismo dell’ammissione preventiva delle impugnazioni [75], così da rendere in qualche modo la riforma più coerente con il disegno del costituente a Nizza, per cui le materie che rientrano nella competenza pregiudiziale del Tribunale coincidono con tutte le ipotesi in cui ad esso si riconosce una competenza, in linea di principio (ovvero fatto salvo il riesame, parzialmente “ampliato” nel caso del filtro delle impugnazioni), quale giudice di ultima istanza [continua ..]

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NOTE

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