Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


La valorizzazione dello sviluppo sostenibile nella politica di concorrenza dell'Unione europea (di Silvia Marino)


Il presente lavoro analizza il rapporto fra sviluppo sostenibile e diritto della concorrenza dell'Unione europea. Integrando gli obiettivi ambientali e sociali nelle politiche del­l’Unione, è possibile modellare l’interpretazione dei concetti chiave del diritto della concorrenza, quali quello di mercato rilevante, di consumatore, di intesa, di abuso di posizione dominante, nel senso di incentivare lo sviluppo sostenibile tramite condotte imprenditoriali. Il contributo intende fornire queste chiavi di lettura, dalle nozioni essenziali del diritto della concorrenza, all'approfondimento delle cause di esenzione dei divieti anticoncorrenziali. Sono premessi brevi cenni sulle attuali prassi e giurisprudenza nell'Unione europea, accompagnate da taluni esempi tratti dalle decisioni della Commissione europea o da talune Autorità garanti nazionali, che possono fungere da prime best practice in questo ambito.

Parole chiave: Sviluppo sostenibile– Diritto della concorrenza – Miglioramento della produzione o della distribuzione – Beneficio ai consumatori.

The strengthening of the sustainable development in EU Competition Policy

The present paper analyses the relationship between sustainable development and EU competition law. Integrating environmental and social objectives in EU policies, it is possible to introduce appraisals relating to sustainability in the assessment of entrepreneurial behaviours on the market. In the current regulatory framework, this makes it possible to shape the interpretation of key concepts of competition law, such as relevant market, consumer, cartel, abuse of dominant position, in the direction of encouraging sustainable development. The contribution aims to provide these interpretations, after a brief overview of current practice and case law in the European Union, accompanied by some examples taken from the decisions of the European Commission or from certain National Competition Authorities, which can serve as first best practices in this area.

Keywords: Sustainable Development – Competition Law – Improved Production or Distribution – Consumers’ Benefits.

SOMMARIO:

I. Introduzione: il valore dello sviluppo sostenibile nell’Unione europea - II. L’inclusione di obiettivi di sostenibilità nell’ambito del diritto della concorrenza - III. L’inapplicabilità del­l’art. 101, par. 1 TFUE a pratiche di cooperazione sul mercato - IV. Le esenzioni al divieto di intese anticoncorrenziali: gli incrementi di efficienza - V. Segue: il trasferimento agli utilizzatori di una congrua parte dell’utile - VI. Segue: i divieti di restrizioni non indispensabili e di eliminazione della concorrenza - VII. Margini di flessibilità nell’applica­zione del divieto di abuso di posizione dominante - VIII. La concentrazione: un processo produttivo di efficienze sul mercato - IX. Verso uno sviluppo sostenibile del diritto della concorrenza - NOTE


I. Introduzione: il valore dello sviluppo sostenibile nell’Unione europea

Il concetto di sostenibilità è apparso prepotentemente come nuovo obiettivo chiave verso il quale l’economia moderna deve tendere, sebbene una sua precisa definizione giuridica risulti complessa. Una delle prime pub­blicazioni internazionali che forniscono una iniziale definizione di sostenibilità è il “World Conservation Strategy” del 1980 [1], redatto dall’International Union for Conservation of Nature and Natural Resources (IUCN). Per la prima volta, è affermata l’importanza di uno sviluppo che non sia attento ai soli aspetti economici, ma che consideri anche gli impatti ambientali e sociali nella prospettiva delle future generazioni in un approccio multilivello. Questa dichiarazione ha presumibilmente influenzato il successivo Report of the UN World Commission on Environment and Development del 1987, noto come “Brundtland Report” [2], che distingue tre concetti chiave: la sostenibilità economica, quella ambientale e quella sociale, senza pregiudizio dei bisogni delle future generazioni. Lo stesso approccio si rinviene nella Dichiarazione di Rio, adottata durante l’“Earth Summit” del 1992 [3]. Pur nella genericità della nozione, il rapporto finale dell’UN World Summit on Sustainable Development del 2002 declina le tre componenti dello sviluppo sostenibile nei vari settori economici, come, ad esempio, quello alimentare [4]. Oltre a un approccio di ampio respiro nella definizione di sviluppo sostenibile, questi rapporti sollecitano la partecipazione della società nel processo decisionale e di esecuzione di queste politiche e sottolineano l’importanza di azioni congiunte pubbliche e private [5]. Ne consegue che il concetto di sviluppo sostenibile è complesso da definire, per le sue molteplici sfaccettature e per i suoi contorni sfumati, racchiudendo una portata tridimensionale legata ad aspetti ambientali, economici e sociali, nonché una visione di lungo periodo e intergenerazionale [6]. Nell’Unione europea, pur in assenza di un’esatta definizione, questa triplice natura è riconosciuta dall’art. 3, par. 3 TUE, che individua fra i suoi elementi una «crescita economica equilibrata» e la «stabilità dei prezzi», ne sottolinea la rilevanza sociale come «piena occupazione» e «progresso sociale», e infine [continua ..]


II. L’inclusione di obiettivi di sostenibilità nell’ambito del diritto della concorrenza

In questa prospettiva integrazionista, il diritto della concorrenza non costituisce un’eccezione rispetto alle altre politiche dell’Unione. Nel quadro dei divieti stabiliti dagli artt. 101 e 102 TFUE, dal regolamento 139/2004 sulle concentrazioni [20], e delle relative esenzioni individuali, per categoria [21], o delle valutazioni di compatibilità con il mercato interno, possono essere introdotte considerazioni di interesse pubblico [22], come lo sviluppo sostenibile [23]. La Corte di giustizia ha precisato che l’art. 11 TFUE richiede che la tutela ambientale sia integrata nella politica della concorrenza [24], sulla base della quale possono essere valutati i comportamenti delle imprese sul mercato [25]. In alcune Comunicazioni, la Commissione ha sottolineato il ruolo delle imprese nello sviluppo sostenibile [26] e nella transizione verde [27]. Un approccio isolazionista del diritto della concorrenza non ha legittimazione nell’Unione europea, sia a livello normativo, con particolare riferimento alle clausole di integrazione appena analizzate, sia in un approccio economico, dal momento che i benefici ambientali costituiscono efficienze economiche che possono essere misurate [28]. La concorrenza stimola la produzione sostenibile [29]. Mentre l’azione individuale rischia di creare, o di far percepire all’impresa, il c.d. first mover disadvantage [30], ovvero l’incremen­to di costi dovuto alle innovazioni apportate dalla prima impresa che le apporta, la collaborazione tra concorrenti può sviluppare la produzione o la distribuzione più sostenibile, condividendone gli elevati costi iniziali e i relativi rischi imprenditoriali [31]. Pertanto, non solo il diritto della concorrenza deve essere integrato con la politica di sostenibilità, ma lo stesso sviluppo sostenibile può essere realizzato meglio tramite comportamenti imprenditoriali regolati e controllati [32]. L’applicazione delle norme sulla concorrenza può essere pienamente apprezzata solo se gli artt. 101 e 102 TFUE siano collocati nel più ampio contesto dei Trattati [33], in relazione e in armonia con le altre politiche dell’Unione. Nella dimensione ambientale, questo approccio è coerente con il Green deal e con il suo orientamento economico alla protezione ambientale. Iniziative private sono espressamente contemplate e [continua ..]


III. L’inapplicabilità del­l’art. 101, par. 1 TFUE a pratiche di cooperazione sul mercato

L’art. 101, par. 1 TFUE vieta accordi e pratiche concordate fra imprese, nonché decisioni di associazioni di imprese, che pregiudichino gli scambi fra Stati membri e la concorrenza nel mercato interno. Proprio nei settori ambientale e sociale, l’ente che realizza la condotta potrebbe non essere un’impresa o un’associazione di imprese. La giurisprudenza della Corte di giustizia definisce l’impresa come «qualsiasi entità che esercita un’attività economica» [34], «offrendo beni o servizi su un determinato mercato» [35], indipendentemente dalla sua qualificazione o dal suo status giuridico e dalle sue modalità di funzionamento [36], nonché dal perseguimento di un fine di lucro [37]. Non effettuano attività economica gli enti che esercitano una sola funzione di carattere sociale [38], per la quale il corrispettivo del servizio prestato è previsto dalla legge o da altra fonte, purché non direttamente dall’ente – come avverrebbe in una normale condizione dell’impresa operante sul mercato [39]. Pertanto, il Tribunale ha escluso che organizzazioni private per la protezione dell’ambiente fossero imprese, perché la loro attività era ricollegabile a esigenze di solidarietà, e carente delle caratteristiche dell’of­ferta di beni o di servizi sul mercato, del rischio economico-finanziario e della possibilità di ottenere un profitto [40]. Inoltre, secondo la Corte [41], il servizio di controllo del rispetto della legislazione ambientale nazionale da parte delle imprese si ricollega all’esercizio di prerogative inerenti alla tutela dell’ambiente, che sono tipiche dei pubblici poteri, e non presenta un carattere economico, alla luce della sua natura, del suo oggetto e della disciplina alla quale è assoggettata [42]. Questi soggetti, che esercitano attività con mera funzione sociale o pubblica, o con finalità meramente culturali, non sono sottoposti alle regole applicabili alle imprese di cui al Trattato e sfuggono al divieto di intese dell’art. 101, par. 1 TFUE. La condotta è rappresentata da un accordo che costituisca uno scambio di volontà fra le parti a tenere un determinato comportamento sul mercato [43], o da una pratica concordata, ovvero un parallelismo di comportamenti derivante da una [continua ..]


IV. Le esenzioni al divieto di intese anticoncorrenziali: gli incrementi di efficienza

Una condotta anticoncorrenziale può essere esentata dal divieto di intese a quattro condizioni cumulative, il cui soddisfacimento fa presumere il raggiungimento di obiettivi di efficienza che compensano il pregiudizio alla concorrenza, ai sensi dell’art. 101, par. 3 [65]. La prima condizione è costituita dal conseguimento di un miglioramento della produzione o della distribuzione o della promozione del progresso tecnico o economico. Secondo la giurisprudenza, questo avanzamento deve essere oggettivo, non percepibile solamente dalle imprese interessate [66], e può essere riscontrato sia nel mercato rilevante, sia in altri mercati [67]. Esso può concretizzarsi in riduzioni di costi di produzione o di distribuzione, o nel­l’aumento della varietà e della qualità dei prodotti, o nell’innovazione [68], o nella realizzazione di economie di scala nella distribuzione [69]. Sulla base del principio di integrazione e coerentemente con la generale applicazione degli artt. 9 e 11 TFUE, devono essere inclusi progressi tecnici [70] in termini di sostenibilità [71], dal momento che possono costituire miglioramenti oggettivi sul mercato rilevante. Ne sono esempi una efficace allocazione delle risorse derivante dall’internalizzazione dei costi ambientali e sociali, una distribuzione con una più bassa impronta ecologica dei mezzi di trasporto, lo sviluppo e la realizzazione di nuova tecnologia sostenibile [72]. In alcuni casi la Commissione ha avuto modo di apprezzare il progresso tecnico ambientale realizzato tramite una condotta anticoncorrenziale, pur non facendo riferimento alle clausole di integrazione, in quanto miglioramento oggettivo coerente con l’art. 101, par. 3 TFUE. Ad esempio, nel caso CECED [73], relativo a un accordo sulla produzione di lavatrici con efficienze superiori a un minimo concordato, la Commissione ha accettato come progresso tecnico ed economico il miglioramento dell’efficienza energetica degli elettrodomestici, superiore anche ai limiti tecnologici della classe A [74]. Anche nei casi Trucks [75] e Car Emissions la Commissione ha introdotto nella valutazione degli accordi anticoncorrenziali considerazioni di carattere ambientale, qualificandole come progressi tecnici oggettivi. Entrambi gli accordi intendevano stimolare la riduzione delle emissioni. Nel primo caso, l’intesa aveva ad oggetto una [continua ..]


V. Segue: il trasferimento agli utilizzatori di una congrua parte dell’utile

La seconda condizione consiste nell’assicurare una congrua parte dell’utile derivante dall’accordo agli utilizzatori. I termini utilizzatori e congrua parte dell’utile presentano alcune complessità negli accordi con obiettivi di sostenibilità, alla luce della prassi e della giurisprudenza finora consolidatesi sul punto. Per quanto riguarda il primo, le Linee direttrici della Commissione sul­l’applicazione dell’art. 81, par. 3 e quelle sulle restrizioni verticali [77] indicano che il concetto «comprende tutti i fruitori, diretti o indiretti, dei prodotti oggetto dell’accordo, inclusi i produttori che usano il prodotto quale materia prima, i distributori all’ingrosso, i dettaglianti e gli utilizzatori finali». Questa definizione consente di includere le imprese, e tutti i successivi clienti, fino al consumatore finale, quale persona fisica, nel medesimo mercato merceologico. Tuttavia, questa definizione è in parte restrittiva nella prospettiva dello sviluppo sostenibile, dal momento che non consente di considerare collettività più ampie, come ad esempio i lavoratori nelle imprese parti dell’in­tesa e nelle loro clienti o fornitrici, nella dimensione della sostenibilità sociale, nonché la generalità dei consumatori, o delle persone che beneficino di miglioramenti di carattere ambientale. Le Linee direttrici sugli accordi orizzontali del 2022 ampliano l’attuale interpretazione della disposizione [78] con riferimento esclusivo agli accordi di sostenibilità, seppur non facendo riferimento alle clausole di applicazione orizzontale. Secondo le Linee direttrici, sebbene il beneficio in termini di sostenibilità debba essere collegato agli utilizzatori dei prodotti oggetto del­l’accordo, questo tipo di vantaggio può non essere correlato unicamente ai consumatori nel mercato rilevante, o non essere sufficientemente significativo da bilanciare il pregiudizio alla concorrenza (par. 589). Pertanto, sono distinte tre categorie di potenziali beneficiari. Il primo è costituito dagli utilizzatori, che trovano un vantaggio nell’uso del prodotto oggetto della pratica anticoncorrenziale. Si tratta dei benefici in termini di uso individuale, per cui il consumatore trae un vantaggio dal­l’utilizzazione del prodotto in questione e riscontra un miglioramento qualitativo del [continua ..]


VI. Segue: i divieti di restrizioni non indispensabili e di eliminazione della concorrenza

La terza e la quarta condizione di esenzione sono formulate in senso negativo, ovvero l’intesa non deve imporre restrizioni non indispensabili, secondo un principio di proporzionalità, né la concorrenza deve essere eliminata per una parte sostanziale dei prodotti rilevanti. Per quanto attiene al primo requisito, secondo gli Orientamenti sugli accordi verticali, deve essere dimostrato che la produzione, l’acquisto o la vendita dei prodotti oggetto dell’intesa è più efficiente, sulla base delle condizioni di mercato. Secondo le Linee direttrici sull’applicazione dell’art. 81, par. 3 questa condizione implica una verifica sulla necessità sia dell’accor­do, nel senso che non esistono altre soluzioni «economicamente praticabili» (par. 75) che consentano di realizzare gli stessi incrementi di efficienza [90], sia delle restrizioni, nella loro natura e intensità, nella prospettiva di una realizzazione più efficiente dell’attività in questione. Con riferimento all’ultima condizione, secondo gli Orientamenti sugli accordi verticali, il comportamento anticoncorrenziale non deve eliminare la concorrenza, reale o potenziale, o la maggior parte, o limitarla, anche in uno dei suoi parametri (quali il prezzo, l’innovazione o lo sviluppo), in quanto, come già chiarito nelle Linee direttrici sull’applicazione dell’art. 81, par. 3, la rivalità fra imprese è considerata prioritaria rispetto a incrementi di efficienze derivanti da una pratica anticoncorrenziale. Il soddisfacimento di queste condizioni dipende dalla natura e dal contenuto dell’intesa, in una valutazione caso per caso. Limitatamente a questi profili, non pare che accordi di sostenibilità pongano questioni particolari o diverse rispetto ad altre tipologie di intese. Con riferimento al carattere indispensabile delle restrizioni, secondo le Linee direttrici del 2022, le parti del­l’accordo devono dimostrare che le limitazioni concorrenziali sono necessarie al fine dell’ottenimento dei benefici in termini di sostenibilità e che non esistono altri mezzi economicamente praticabili meno restrittivi per conseguirli. Ciò può accadere, ad esempio, per limitare il c.d. first mover disadvantage [91], o per migliorare il livello di sostenibilità del prodotto rispetto a quanto normativamente [continua ..]


VII. Margini di flessibilità nell’applica­zione del divieto di abuso di posizione dominante

Il divieto di abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 102 TFUE è assoluto, in quanto la condotta proibita rischia di alterare definitivamente quella residua concorrenza sul mercato il cui funzionamento è già pregiudicato dall’esistenza della posizione dominante. Nella sua definizione sono essenziali tre momenti: il mercato rilevante; l’individuazione di una posizione dominante; la condotta abusiva. Il primo è composto dal mercato geografico e da quello merceologico [94]. Sotto la prima prospettiva, normalmente è considerato il mercato interno, salvo che sia separabile una sua parte sostanziale, nella quale le condizioni di concorrenza sono omogenee ma distinte dalle altre zone geografiche nel mercato interno [95]. Dal punto di vista merceologico, è possibile considerare prodotti distinti da quelli oggetto dell’abuso, purché siano intercambiabili da parte del consumatore in funzione delle caratteristiche oggettive, dei bisogni che soddisfano, del loro prezzo, dell’uso, delle condizioni di concorrenza e della struttura della domanda e dell’offerta [96]. Così inviduato il mercato, è possibile verificare l’esistenza di una posizione dominante, ovvero di potenza economica grazie alla quale l’impresa può ostacolare la persistenza di una concorrenza effettiva e comportarsi in modo indipendente rispetto agli altri attori sul mercato [97]. Infine, il comportamento abusivo influisce sulla struttura del mercato, ostacolando la conservazione del grado di concorrenza presente sul mercato, o il suo sviluppo [98], e può avere carattere escludente o di sfruttamento. La giurisprudenza della Corte di giustizia ha già distinto mercati merceologici per considerazioni di carattere ambientale [99]. Sulla base delle caratteristiche della fungibilità dei prodotti e della valutazione delle preferenze del consumatore, è possibile riconoscere la diversità fra il prodotto sostenibile, e quello standard o non sostenibile, che costituiscono pertanto due mercati diversi. Conseguentemente, l’impresa in posizione dominante che opera secondo canoni di sostenibilità non può giustificare il proprio abuso qualificandolo quale uno stimolo per le altre imprese a produrre in modo sostenibile, o uno strumento di esclusione dei concorrenti che non producono secondo canoni di [continua ..]


VIII. La concentrazione: un processo produttivo di efficienze sul mercato

Nella disciplina delle concentrazioni, diversi strumenti consentono di valorizzare obiettivi di sostenibilità. In primo luogo, le concentrazioni di dimensione comunitaria [118] possono essere dichiarate compatibili con il mercato interno ai sensi dell’art. 2, par. 2 del regolamento 139/2004, se non ostacolano in modo significativo la concorrenza nel mercato interno. Secondo gli Orientamenti della Commissione sulle concentrazioni tra imprese [119], un elemento necessario per la valutazione di queste operazioni è costituito dall’individuazione del mercato merceologico e geografico rilevante, per verificare l’impatto sulla concorrenza dei nuovi vincoli concorrenziali. Anche in questo caso è possibile distinguere diversi mercati merceologici a seconda delle caratteristiche di sostenibilità del prodotto o del servizio. Così, la Commissione ha separato i mercati del caffè e del caffè biologico, in quanto il consumatore non li considera sostituibili [120]; delle banane biologiche o equo-solidali e di quelle convenzionali [121] per il diverso valore che viene riconosciuto alle modalità di coltivazione; dei treni ad alta o ad altissima velocità e degli altri, per il differente servizio che viene offerto, e per il diverso impatto ambientale [122]. L’eventuale limitazione alla concorrenza deve essere valutata all’interno di ciascun mercato rilevante. Quanto all’ostacolo significativo alla concorrenza, ai sensi dell’art. 2, par. 1 del regolamento 139/2004 devono essere valutati potenziali incrementi di efficienza che controbilancino gli effetti negativi della limitazione. Fra questi rientrano gli interessi dei consumatori intermedi e finali e l’evoluzione del progresso tecnico ed economico. Secondo il par. 78 degli Orientamenti, gli incrementi devono essere oggettivi, verificabili, dipendenti dalla concentrazione e beneficiare i consumatori. La definizione di miglioramento e la sua portata non si discostano da quelle già analizzate con riferimento all’ap­plicazione dell’art. 101, par. 3 TFUE [123]; la categoria dei beneficiari è limitata ai consumatori nel mercato rilevante, senza considerare i benefici altruisti e collettivi [124]. Lo sviluppo verificatosi con le Linee direttrici sugli accordi orizzontali del 2022 [125] e le riflessioni già svolte dalla dottrina con riferimento [continua ..]


IX. Verso uno sviluppo sostenibile del diritto della concorrenza

La piena valorizzazione dello sviluppo sostenibile incontra attualmente taluni limiti, derivanti dalla formulazione letterale delle rilevanti disposizioni e dalla loro consolidata interpretazione. Quest’ultima certo si giustifica alla luce degli obiettivi di protezione della concorrenza e dalla relativa modernità di alcune istanze di interesse pubblico e collettivo, quali la sostenibilità. Tuttavia, né questi argomenti, né le difficoltà derivanti da un cambio di approccio nel settore della concorrenza [140] giustificano l’esclusio­ne aprioristica di qualsiasi presa in considerazione di tali nuove istanze, alla luce della rilevanza giuridica dello sviluppo sostenibile e della crescente attenzione dell’Unione europea a tematiche ambientali e sociali. L’introduzio­ne di questi valori nell’attuale quadro normativo è possibile ammettendone un’interpretazione più flessibile [141] e orientata ai valori espressi dalle clausole di integrazione nel Trattato. Sebbene queste ultime non paiano produrre precisi obblighi giuridici sindacabili anche in via giudiziaria, anche alla luce dei contorni sfumati della nozione di sviluppo sostenibile, quantomeno la nuova definizione delle politiche dell’Unione e l’applicazione del diritto vigente devono essere attuate nel perseguimento di obiettivi di sostenibilità. In particolare, la concorrenza può divenire una politica grazie alla quale perseguire quegli obiettivi di sviluppo sostenibile che la stessa Unione europea si è posta, valorizzando il ruolo delle imprese e del loro potenziale di sviluppo tecnologico, produttivo o innovativo. Le recenti Linee direttrici sugli accordi orizzontali paiono porsi in questa prospettiva: invariate le fonti normative primarie, è abbracciata un’interpretazione più ampia di quelle condizioni che non consentono di considerare pienamente i vantaggi collettivi come benefici alla concorrenza e al mercato. In una prospettiva di breve termine, è auspicabile che questa apertura già produca un primo effetto positivo sui comportamenti imprenditoriali, incentivando la collaborazione fra imprese verso lo sviluppo sostenibile. In una visione di più ampio respiro, è necessaria una revisione nella valutazione delle condotte rilevanti nell’ambito del diritto della concorrenza, quantomeno tramite un ammodernamento ulteriore [continua ..]


NOTE