Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

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L´Italia e le procedure d´infrazione: ragioni e rimedi (di Roberto Adam)


Il contributo, che riproduce il testo di un’audizione tenuta il 23 giugno 2021 davanti alla Commissione XIV – Politiche dell’Unione europea della Camera dei Deputati nel­l’ambito dell’Indagine «Sugli strumenti per la prevenzione e la riduzione delle procedure di infrazione a carico dell’Italia», affronta il tema della gestione da parte dell’Italia del fenomeno delle procedure d’infrazione per violazione del diritto dell’Unione europea. A questo fine, l’A. parte da un’analisi della situazione esistente al riguardo, la quale evidenzia sia il permanere di un numero ancora elevato di procedure aperte nei confronti del nostro Paese, sia la sua difficoltà di gestire quelle che superano una certa soglia di gravità. D’altro canto, l’esame dei meccanismi istituzionali e giuridici che l’Italia si è ora data per affrontare questi problemi, in particolare con l’adozione della legge 24 dicembre 2012, n. 234, mostra come, rispetto al passato, siano stati già fatti molti progressi. Il lavoro propone perciò alcuni suggerimenti di carattere organizzativo e gestionale che potrebbero migliorare l’azione di contrasto alle procedure d’infrazio­ne. In particolare, questa azione dovrebbe far ricorso in modo sistematico al dialogo informale con la Commissione, che andrebbe anzi anticipato quanto più possibile, e se del caso a prima ancora di porre in essere atti la cui compatibilità europea è palesemente dubbia, così da sfruttare i possibili consigli e l’eventuale flessibilità dei Servizi della Commissione rispetto alle ragioni che motivano la posizione dello Stato. Anche per quel che riguarda il recepimento delle direttive l’azione dello Stato dovrebbe essere anticipata quanto più possibile rispetto alla scadenza di ciascuna direttiva: da un punto di vista generale, assicurando un immediato e maggiore coordinamento tra chi negozia a Bruxelles e chi dovrà poi attuare la direttiva; da un punto di vista più specifico, ponendo formalmente all’amministrazione competente l’obbligo di predisporre l’atto di recepimento entro un termine sufficientemente anticipato rispetto alla scadenza della direttiva.

The article, which reproduces the text of a hearing held on 23 June 2021 before the Commission XIV – European Union Policies of the Chamber of Deputies in the context of the Inquiry "On the instruments for the prevention and reduction of infringement proceedings against Italy", addresses the issue of the management of infringement proceedings in Italy. To this end, the author starts from an analysis of the current situation, which shows both the persistence of a high number of open proceedings against Italy, and the difficulty in managing those that exceed a certain threshold of seriousness. On the other hand, an examination of the institutional and legal mechanisms that Italy has put in place to deal with these problems, in particular with the adoption of Law 234 of 24 December 2012, shows that, compared to the past, much progress has already been made. The work therefore proposes some organisational and managing suggestions that could improve the contrast action to infringement proceedings. In particular, this action should make systematic use of the informal dialogue with the Commission, which should be anticipated as much as possible, eventually even prior to implement acts whose compatibility with EU law is clearly doubtful. By that way one can take advantage of the possible advice and flexibility of the Commission Services with regard to the reasons behind the State’s position. Also with regard to the transposition of directives, the State’s action should be anticipated as much as possible with respect to the deadline of each directive: from a general point of view, ensuring immediate and greater coordination between those who negotiate in Brussels and those who will have to implement the directive; from a more specific point of view, by formally placing the competent administration under an obligation to prepare the transposition act sufficiently before the directive’s deadline.

Keywords

Italy – Infringement Proceedings – Law No. 234/2012

SOMMARIO:

I. Introduzione - II. Un’analisi della situazione italiana in materia di procedure d’infrazione. - III. (Segue) E le criticità che essa evidenzia - IV. La strumentazione a disposizione per la gestione delle procedure d’infrazione: gli strumenti operativi - V. (Segue) E gli strumenti normativi forniti dalla legge 234 del 2012 - VI. Le difficoltà che stanno conoscendo la legge di delegazione europea e la legge europea - VII. I possibili rimedi di carattere gestionale: quelli generali - VIII. (Segue) E quelli specificamente volti al recepimento delle direttive - IX. Il ruolo del Parlamento nel contrasto delle procedure d’infrazione - Postilla - NOTE


I. Introduzione

Vi ringrazio per l’invito, di cui mi sento molto onorato, a partecipare a questa Indagine conoscitiva che ritengo estremamente utile, perché le infrazioni toccano un punto delicato della partecipazione del nostro Paese al­l’Unione europea. Da un lato, infatti, parliamo della violazione da parte dello Stato non di raccomandazioni o comunque di disposizioni flessibili e adattabili politicamente, bensì di norme giuridiche vere e proprie, da esso accettate a Bruxelles. Norme, peraltro, che governano i diversi settori di competenza del­l’Unione in chiave di integrazione tra le realtà giuridiche, economiche e sociali dei diversi Stati membri. Con la conseguenza che la loro violazione da parte di uno Stato si ripercuote in maniera più o meno diretta, ma inevitabile, anche sugli altri, se non altro perché rende asimmetrico il funzionamento delle politiche dell’Unione. Dall’altro lato, le violazioni del diritto dell’Unione possono avere conseguenze anche pesanti a carico dello Stato inadempiente. Pesanti in chiave fi­nanziaria: vedremo quali sanzioni pecuniarie ne possono derivare. Ma pesanti anche politicamente, dato che, quando diventino espressione di una pratica diffusa e ripetuta, esse gettano un’ombra sull’affidabilità del Paese di cui può diventare poi difficile liberarsi [1]. Con la decisione di avviare questa Indagine conoscitiva, quindi, Voi avete evidenziato e sottolineato la Vostra piena consapevolezza dell’importanza di una pronta e corretta attuazione degli obblighi europei da parte dell’Italia e della gravità delle procedure d’infrazione che ne possono conseguire. Consapevolezza che purtroppo, a mia esperienza, non è sempre altrettanto diffusa al di fuori di questa Vostra Commissione.


II. Un’analisi della situazione italiana in materia di procedure d’infrazione.

Ciò detto, e prendendo spunto dal documento di programma di questa Indagine conoscitiva, credo che sia opportuno partire prima di tutto da un’a­nalisi dell’attuale situazione italiana. Ad oggi il numero di procedure d’infrazione aperte nei confronti del­l’Italia ammonta a 78. Di queste, 16 sono mancati recepimenti entro i termini di direttive, un tipo di infrazione assurto, per le sue caratteristiche e, in parte, per le sue possibili conseguenze, a categoria quasi a sé stante e comunque specificamente considerata, come vedremo, dai Trattati del­l’Unio­ne. Le restanti 62 procedure riguardano, invece, tutte le altre violazioni del diritto dell’Unione che possono essere all’origine di una procedura d’in­fra­zione. Presi di per sé questi numeri non sono del tutto negativi, quanto meno se si considera che essi vengono da un passato con ben altri numeri, passato che ci siamo lasciati alle spalle grazie ad uno sforzo di riduzione che non ha assolutamente confronti nell’Unione. Fino a non molto tempo fa, infatti, l’Italia era costantemente, sotto questo profilo, la pecora nera tra gli Stati membri; e lo era, peraltro, con numeri decisamente superiori a quelli di tutti gli altri Stati. Basti pensare che nel 2006 contavamo ben 275 procedure d’in­frazione aperte, le quali sono scese sotto le 100 a fine 2012, per attestarsi poi in maniera ormai costante intorno alla ottantina, seppur con oscillazioni periodiche che ci hanno visto anche raggiungere, a fine 2017, il record positivo di sole 59 procedure. Ma soprattutto, nella classifica degli Stati più inadempienti non siamo più i primi. Escludendo il Regno Unito che ne assomma virtualmente 80 pur senza fare più parte dell’Unione, i nostri numeri ci collocano al 4° posto (insieme al Belgio), superati dalla Spagna con 93, dalla Grecia con 86 e dalla Polonia con 82. Soprattutto siamo a ridosso della Germania che ci segue in questa classifica con 75 procedure aperte (più virtuosa è la Francia con 63). E, ciò che più conta, va osservato che numeri significativamente più bassi (diciamo dalle 50 infrazioni in giù) sono appannaggio solo degli Stati decisamente più piccoli (e quindi politicamente e amministrativamente meno complessi), i quali comunque si collocano tutti (sola eccezione virtuosa è la Danimarca con 27) tra le 50 [continua ..]


III. (Segue) E le criticità che essa evidenzia

(Segue) E tuttavia un’analisi più approfondita dei nostri numeri, evidenzia pur sempre delle criticità che rischiano di ripercuotersi comunque negativamente sul nostro confronto con gli altri Stati membri; e che segnalano l’esistenza ancor oggi di problemi nel nostro modo di affrontare gli obblighi di cui siamo destinatari in quanto Stati membri dell’Unione. In primo luogo, in questa legislatura il processo sopra ricordato di diminuzione delle procedure d’infrazione sembra essersi comunque arrestato, dato che, come poc’anzi ricordato, il loro numero è costantemente risalito finendo per ricollocarsi intorno alle 80 (ma con punte anche superiori alle 90). In secondo luogo, va osservato che in questi ultimi anni i risultati migliori in termini di numero di procedure a nostro carico coincidono sostanzialmente e prevalentemente con una diminuzione significativa di quelle riguardanti il mancato recepimento di direttive [2]. Mentre si è sostanzialmente arrestato il processo di riduzione delle altre procedure d’infrazione, rispetto alla cui chiusura continuiamo a incontrare ricorrentemente difficoltà più rilevanti [3]. Questa notazione ci porta a un terzo punto di criticità dell’attuale situazione dell’Italia, che è anche quello più grave. All’interno del pacchetto complessivo di procedure a nostro carico sopra ricordato è da riscontrare, cioè, una gravità media piuttosto elevata del loro stato di avanzamento. Ben 22 di esse sono infatti già entrate nella fase contenziosa. Più precisamente, mentre per 5 procedure è stato deciso il primo ricorso alla Corte di giustizia, su 11 la Corte si è già pronunciata con una sentenza di condanna e per 2 di quest’ultime la Commissione ha già adottato la messa in mora che prelude a un secondo ricorso alla stessa Corte per la comminazione di sanzioni pecuniarie. Per altre sei procedure, infine, siamo stati già condannati al pagamento di tali sanzioni. Ora, queste 22 specifiche procedure non solo pesano per un quarto sul pacchetto complessivo, ma esse ci collocano purtroppo anche alla testa di altre due virtuali, e ancor meno commendevoli, classifiche europee. Siamo infatti il Paese con più ricorsi alla Corte e sentenze di condanna, seguiti dalla Grecia (20), e da Spagna e Polonia (15). E siamo il Paese che ha pagato [continua ..]


IV. La strumentazione a disposizione per la gestione delle procedure d’infrazione: gli strumenti operativi

Di fronte a questo quadro cosa fare? Questa è la domanda cui vuole rispondere l’indagine conoscitiva della vostra Commissione. Diciamo subito che molto già si è fatto; nel senso che rispetto a un passato non tanto lontano l’Italia si è già dotata, in questi ultimi anni, di una cassetta degli attrezzi per la gestione delle procedure d’infrazione abbastanza fornita. In primo luogo, da tempo è stata creata una apposita Struttura di missione presso il Dipartimento per le politiche europee [10], struttura che, nonostante la sua formale precarietà – in quanto Struttura di missione deve essere riconfermata da ogni nuovo Governo [11] –, è diventata di fatto, proprio per la sua utilità, un organismo stabile e centrale del Dipartimento [12]. Essa si è dimostrata infatti uno strumento indispensabile per la gestione delle procedure d’infrazione, perché, rompendo con la tradizione precedente alla sua istituzione, tale Struttura ha assicurato a quella gestione un carattere unitario e accentrato, che meglio ne garantisce l’efficacia rispetto a un decentramento in capo alle singole amministrazioni di settore o, addirittura, a quelle regionali e locali. Come è anche comprensibile, infatti, queste tendono inevitabilmente ad affrontare il precontenzioso, in particolare quello di cui portano la diretta responsabilità, con la lente degli interessi che esse sono chiamate istituzionalmente e politicamente a tutelare; mentre solo una struttura non di settore e incardinata nella Presidenza del Consiglio può portare in dote a quelle amministrazioni, nella gestione del precontenzioso, una visione complessiva delle questioni e una migliore comprensione e rappresentazione delle contestazioni europee. A ciò si aggiungano i vantaggi che dall’operare di quella Struttura derivano per il rapporto con la Commissione. L’esistenza di un punto di contatto unitario (per di più espressivo della Presidenza del Consiglio) ha reso infatti più ordinato ed agevole il dialogo con la Commissione, la quale può contare su un interlocutore sicuro e autorevole per i contatti con le differenti amministrazioni centrali e locali [13]; e, dal canto loro, queste ultime sempre più riconoscono la Struttura (e attraverso lei il Dipartimento per le politiche europee) come utile punto di riferimento e di [continua ..]


V. (Segue) E gli strumenti normativi forniti dalla legge 234 del 2012

(Segue) Oltre che di questo importante strumento operativo, l’Italia si è poi dotata in tempi recenti anche di nuovi strumenti normativi, volti proprio ad assicurare una miglior gestione del fenomeno delle procedure di infrazione. Il veicolo è stato, com’è noto, l’approvazione dieci anni fa della legge 234 del 2012 [14]. Essa contiene, infatti, non poche novità nella materia che stiamo esaminando. Queste si incentrano prima di tutto su un maggior coinvolgimento al riguardo proprio del Parlamento, che si è visto riconoscere forme di controllo sulla gestione delle procedure: accanto alle due già previste [15] relazioni periodiche che il Governo è tenuto a trasmettere al Parlamento [16], è stabilito infatti che l’Esecutivo debba comunicare alle Camere, contestualmente alla notifica della Commissione europea, l’apertura di ogni singola procedura, accompagnando entro venti giorni tale comunicazione con una relazione del Ministro con competenza prevalente, tesa a illustrare le ragioni della violazione contestata e le azioni già poste o da porre in essere per porvi rimedio, affinché le Camere possano assumere al riguardo ogni opportuna deliberazione (art. 15, co. 1 e 2). Ma non basta. Il Parlamento deve essere informato anche di ogni sviluppo significativo relativo a procedure d’infrazione che possano condurre a sanzioni pecuniarie nei confronti dell’Italia (art. 15, co. 3); e gli va inoltre trasmessa una relazione anche con riguardo ai motivi di eventuali ritardi nel recepimento di specifiche direttive europee (art. 39, co. 1) [17]. Evocando poi una prassi invalsa sul finire del primo decennio degli anni 2000, che ha visto adottare dai governi di allora una serie di c.d. decreti legge salva-infrazioni [18], l’art. 37 della legge formalizza la possibilità di fare ricorso a “provvedimenti, anche urgenti, diversi dalla legge di delegazione europea e dalla legge europea, necessari a fronte di atti normativi dell’Unione europea o di sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea ovvero dell’avvio di procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia che comportano obblighi statali di adeguamento, qualora il termine per provvedervi risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge di delegazione europea o della legge europea relativa all’anno di [continua ..]


VI. Le difficoltà che stanno conoscendo la legge di delegazione europea e la legge europea

Proprio questa novità dimostra, però, come anche le soluzioni normative più ambiziose possono trovare limiti nella loro applicazione pratica. Dopo una approvazione velocissima delle prime leggi di delegazione ed europea (quelle del 2013, adottate in poco più di 3 mesi dalla trasmissione alle Camere dei relativi disegni di legge), le successive si sono gradatamente attestate su tempi di approvazione comunque non più in linea con le aspirazioni che avevano mosso la legge 234. Nel caso della legge di delegazione l’approvazione definitiva si è avuta sempre l’anno dopo quello di riferimento (con addirittura due casi di legge di delegazione biennale: la 2016-2017 [22] e la 2019-2020) [23], anche se solo in parte ciò è avvenuto a causa dell’iter parlamentare. Per tutte, infatti, è stato piuttosto il relativo disegno di legge ad essere licenziato dal Governo con ritardi da 7 a 13 mesi rispetto al termine del 28 febbraio dell’anno di riferimento, previsto dall’art. 29, co. 4, della legge 234 [24]. Nel caso delle ultime due, però, al ritardo del Governo ha cominciato ad aggiungersi anche quello del Parlamento: ciò è avvenuto in particolare per l’ultima, la legge di delegazione 2019-2020, che, licenziata dal Governo con un anno di ritardo, ha richiesto tre passaggi parlamentari e altri 15 mesi per essere approvata definitivamente il 20 aprile scorso. Quanto alla legge europea, per la quale la legge 234 non impone comunque un termine per l’approvazione da parte del Governo del relativo disegno di legge, anche il suo cammino procedurale ha finito per conoscere gli stessi ritardi [25]. Con un aggravamento particolare, però, nel caso dell’ultima, il cui disegno di legge dopo essere stato licenziato dal Governo solo il 29 luglio dell’anno scorso con riferimento al biennio 2019-2020, è stato approvato per ora dalla sola Camera il 1° aprile scorso. È ovvio che tutto ciò rischia di ripercuotersi di nuovo negativamente, e in tempi brevi, sulla situazione delle procedure d’infrazione a nostro carico. Il ritardo nel completamento dell’iter di approvazione della nuova legge europea comporterà infatti un inevitabile aggravamento di procedure già aperte nei nostri confronti: al suo interno vi sono infatti soluzioni normative per una dozzina di esse, delle quali 3 [continua ..]


VII. I possibili rimedi di carattere gestionale: quelli generali

A fronte di questa e delle altre criticità prima ricordate, non rimane che chiedersi, in linea con l’obbiettivo posto al centro della Vostra indagine conoscitiva, quali soluzioni possono essere immaginate per proseguire nel percorso virtuoso a suo tempo intrapreso in materia di procedure d’infra­zione. Una premessa, però. Il punto di partenza non può che essere indicato in un rafforzamento della Struttura di missione operante presso il Dipartimento per le politiche europee. Nel senso che andrebbe studiata una soluzione che, pur preservando la flessibilità organizzativa e la consolidata specializzazione di tale struttura, sia capace di assicurarle una qualche forma di stabilizzazione. Ciò non solo per salvaguardare certezza e continuità della sua azione, ma anche per accrescerne formalmente il ruolo e, di conseguenza, l’autore­vo­lezza di fronte ai suoi interlocutori. Ciò detto è certamente difficile pensare ad altre soluzioni miracolose, anche perché, come più volte sottolineato, l’Italia ha già fatto molto al riguardo. Da questa base si può però partire, purché si abbia consapevolezza che per lo più i possibili miglioramenti non possono essere che sviluppi e adattamenti di meccanismi e pratiche già esistenti. Quelli possibili sono prima di tutto di carattere organizzativo e gestionale, dove andrebbero accentuate due linee di comportamento delle amministrazioni coinvolte: un intervento quanto più anticipato sui problemi che stanno all’origine di ciascun inadempimento e la ricerca di soluzioni che spostino comunque quei problemi, dove possibile, dalla disciplina generale alla sua applicazione pratica. Per quanto riguarda il primo punto, mi riferisco all’idea che l’azione di contrasto delle procedure d’infrazione dovrebbe essere quanto più anticipata al momento in cui i Servizi della Commissione dispongono ancora di un certo margine di flessibilità. Questa flessibilità può infatti consentire di trovare, nel dialogo con la Commissione, soluzioni capaci di portare a un’archi­via­zione della procedura, che facciano però parzialmente salvi gli interessi interni all’origine dell’inadempimento. La ricerca di quel dialogo dovrebbe essere perciò tentata prima del­l’apertura formale della procedura [continua ..]


VIII. (Segue) E quelli specificamente volti al recepimento delle direttive

(Segue) Nella chiave di anticipazione degli interventi sopra indicata è possibile pensare anche a delle soluzioni utili per i problemi legati al recepimento delle direttive. Con una premessa di carattere generale. Quei problemi verrebbero certamente attenuati dalla creazione di un forte legame organizzativo e contenutistico tra la fase ascendente e la fase discendente in questo settore: tra la fase negoziale di una direttiva, cioè, e la sua trasposizione nell’ordinamento nazionale. Nel senso che una gestione nazionale del negoziato europeo coordinata, e aperta agli interessi che ne saranno toccati, può prevenire i problemi suscettibili di porsi in sede di recepimento o di applicazione successiva della direttiva, permettendone una soluzione anticipata. Con l’ulteriore vantaggio, mi si consenta, di evitare l’immagine ricorrente di un Paese che scopre solo al momento del recepimento o dell’applicazione pratica i problemi posti da una direttiva da esso stesso negoziata e approvata. Detto ciò, e venendo invece ai problemi più tecnici che incontra il recepimento delle direttive in Italia anche dopo l’introduzione del nuovo strumento della legge di delegazione, pure qui qualche soluzione sembra possibile. La prima di queste potrebbe essere quella di stralciare dalla legge di delegazione la o le direttive che pongono problemi politici rallentando l’iter parlamentare della legge. Esse potrebbero essere affidate a specifici disegni di legge delega, come consentito dalla stessa legge 234 (art. 34), o addirittura ad una legge di delegazione bis per lo stesso anno di riferimento, come ugualmente consentito da quella legge (art. 29, co. 8). Una volta di più si eviterebbe che il problema singolo finisca per ripercuotersi su tutte le direttive inserite in una legge di delegazione. Indipendentemente poi dal momento di entrata in vigore della relativa delega, andrebbe anche pensata una soluzione che consenta una velocizzazione dell’esercizio della stessa da parte delle amministrazioni. Questa soluzione potrebbe essere trovata anche qui in un’anticipazione di quell’esercizio. A complemento della norma della 234 che fissa il limite per l’esercizio della delega in quattro mesi precedenti al termine di recepimento indicato da ciascuna direttiva, si potrebbe infatti introdurre in via formale l’obbligo per l’amministrazione con competenza prevalente di [continua ..]


IX. Il ruolo del Parlamento nel contrasto delle procedure d’infrazione

In chiusura, un’ultima considerazione rispetto al ruolo che può giocare il Parlamento nel contrasto del fenomeno delle procedure d’infrazione. Come si è già detto, la legge 234 ha imposto al riguardo al Governo non pochi obblighi informativi a vantaggio del Parlamento. Viene da chiedersi se le Camere non possano o debbano fare un uso proattivo di queste informazioni. Esse potrebbero essere prima di tutto utilizzate, in specie attraverso le rispettive Commissioni per le politiche europee, in chiave di sollecitazione delle amministrazioni responsabili, affinché le stesse trovino soluzioni rapide e adeguate. Per la verità, come si è già ricordato, la stessa legge 234 già impone al Ministro con competenza prevalente di trasmettere alle Camere una relazione che indichi le azioni che esso intende assumere ai fini della positiva soluzione di ogni nuova procedura d’infrazione (art. 15, co. 2). Un’idea potrebbe essere però quella di trasformare tale relazione nella base per un’interlocuzione diretta, e se del caso periodica, tra il Ministro e la Commissione XIV, volta ad individuare di concerto le migliori soluzioni per una chiusura rapida della procedura interessata. Un ruolo di controllo e stimolo politico il Parlamento lo può poi giocare, da questo punto di vista, anche nel quadro della sua attività di parere sugli schemi di decreti legislativi di recepimento di direttive, che esso è chiamato a esercitare sempre dalla legge 234 (art. 31, co. 3). Fermo restando il controllo sul merito, infatti, in questa stessa fase le rispettive Commissioni XIV potrebbero utilmente valutare anche gli eventuali profili di compatibilità europea del provvedimento di recepimento. Non va infine ignorato, se mi è consentito, il fatto che parte delle procedure d’infrazione trovano origine anche nell’attività legislativa. Sotto questo profilo, le Camere potrebbero quindi svolgere un ruolo strategico e molto più incisivo nel contrasto delle procedure in occasione dell’esame dei disegni di legge e degli emendamenti. Del resto i Regolamenti parlamentari, per quel che qui interessa l’art. 126 del Regolamento della Camera, già prevedono l’assegnazione alla Commissione XIV di tutti i progetti di legge, per la formulazione di un parere circa i profili di compatibilità con la normativa dell’Unione. [continua ..]


Postilla

Successivamente alla data dell’audizione, la Commissione europea ha tenuto il 15 e il 23 luglio due nuove riunioni pacchetto in materia di infrazioni e altre due il 23 e il 30 settembre, a seguito delle quali il numero totale delle procedure a carico del nostro Paese è salito a 97, di cui 62 per violazione del diritto dell’Unione e 35 per mancato recepimento di direttive. Inoltre, tra le decisioni riguardanti l’Italia vi sono una ulteriore messa in mora ex art. 260 e ben 3 pareri motivati per mancato recepimento di direttive legislative. Le decisioni prese in queste quattro più recenti riunioni hanno decisamente cambiato a nostro sfavore la classifica degli Stati membri più inadempienti di cui si è detto in precedenza nel testo: al primo posto è rimasta “saldamente” la Spagna (con 106 procedure), ma l’Italia è salita al secondo, lasciandosi dietro la Grecia (con 96), il Belgio (con 94) e la Polonia (con 91). Quanto a Germania e Francia esse continuano a collocarsi ancora oggi in posizioni più virtuose, contandone rispettivamente “solo” 74 e 63.


NOTE