Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

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Le Regioni dinanzi alla Corte di giustizia (di Celeste Pesce, Straordinario di Diritto dell’Unione europea, Università Telematica Pegaso di Napoli.)


Le Regioni devono rispettare il diritto dell’Unione europea e possono invocarlo per tutelare le proprie prerogative innanzi al giudice europeo. Tuttavia, i termini e i margini di tale tutela sono oggetto di discussione.

The Regions have to respect European Union law and they can invoke it in order to safeguard its prerogatives before European judge. However, terms and margins are discussed.

KEYWORDS

Regions – European judicial protection – Committee of the Regions

SOMMARIO:

I. Introduzione. La tutela giurisdizionale europea delle regioni. - II. I rimedi esperiti dalle regioni e i benefici conseguiti. Azione di annullamento. - III. Segue: rinvio pregiudiziale. - IV. Segue: istanza di intervento. - V. Ulteriori rimedi riservati agli enti periferici. Azione in carenza e azione di responsabilità extracontrattuale. - VI. Ricorsi indiretti per il tramite degli Stati membri e del Comitato. - NOTE


I. Introduzione. La tutela giurisdizionale europea delle regioni.

Nel contesto attuale, le articolazioni regionali e locali presenti nei Paesi UE[1], dotate di identità propria e distinta dallo Stato centrale in termini di organizzazione istituzionale e di governo del territorio [2], partecipano al processo europeo di integrazione dell’Unione [3] al pari di istituzioni UE ed amministrazioni centrali degli Stati membri [4]. La realizzazione dei principi di sussidiarietà [5] e di coesione territoriale nell’ambito della (nota) governance multilivello fa sì che l’Unione includa la dimensione territoriale nella legislazione europea [6] e riconosca gli enti regionali, variamente denominati, quali attori del processo legislativo e non più solo meri esecutori di norme [7]. E, a seguire, attribuisca loro competenze e responsabilità nell’attuazione di talune politiche europee [8] come di azioni UE necessarie a realizzare specifiche priorità del trattato [9]. Gli enti periferici, tuttavia, beneficiano della politica regionale UE in maniera oggettiva ed omogenea, non rilevando le diversità intrinseche o istituzionali [10]. Del resto, le forme di governabilità interna dei Paesi membri sono espressione della piena autonomia che ciascuno Stato UE ha al riguardo [11]. Per meglio dire, l’Unione rispetta l’identità nazionale insita nella struttura fondamentale, politica e costituzionale degli Stati UE, compreso il sistema delle autonomie territoriali, regionali e locali [12]. Pertanto, nel contesto istituzionale europeo, il Comitato delle Regioni [13] (in seguito: Comitato; CdR) rappresenta l’insieme delle collettività periferiche dei Paesi UE piuttosto che le regioni dell’UE in senso stretto, pur garantendone ed esprimendone le diversità. Non vi sono dubbi che le autorità locali, come tutti gli altri soggetti di diritto degli Stati UE, sono tenuti a rispettare il diritto dell’Unione e possono invocarlo in difesa delle proprie prerogative dinanzi alle giurisdizioni europee (oltre che nazionali). Ne sono prova le azioni intentate dalle stesse dinanzi al giudice europeo e i risultati così raggiunti in materia di aiuti di Stato [14], ambiente [15], rifiuti [16], agricoltura e pesca [17]. Peraltro, sin dall’avvio delle politiche regionali, il giudice dell’Unione ha [continua ..]


II. I rimedi esperiti dalle regioni e i benefici conseguiti. Azione di annullamento.

Venendo alle possibilità di azione diretta da parte delle regioni, come già accennato, la Corte riconosce l’autonomia istituzionale degli Stati membri, quale principio fondamentale del diritto dell’Unione europea[22]. L’Unio­ne resta neutrale, quasi indifferente, rispetto all’articolazione territoriale che gli Stati membri scelgono di adottare al loro interno in termini amministrativi e politici. Tale neutralità diventa subalternità o quasi “dequalificazione” sul piano della tutela giurisdizionale diretta per quanto concerne, in particolar modo, la possibilità di proporre azione di annullamento ex art. 263 TFUE. Invero, mentre gli Stati rientrano nella categoria dei soggetti privilegiati, gli enti regionali sono relegati alla species di persona giuridica [23] ai sensi del­l’art. 263, comma 4, TFUE [24]. A nulla rilevando, ai fini considerati, l’e­sercizio di poteri legislativi, regolamentari ed amministrativi (in alcuni Stati UE) e/o l’assunzione delle conseguenze giuridiche delle proprie azioni in chiave politica, istituzionale e finanziaria al pari dello Stato centrale di appartenenza [25]. Tradotto sul piano dell’impugnabilità di un atto dell’Unione, la regione dotata di personalità giuridica in forza del diritto nazionale è tenuta a dimostrare di essere riguardata direttamente ed individualmente [26] dall’atto che intende far annullare; o che l’atto regolamentare presumibilmente viziato, la riguardi direttamente [27] e che non comporti alcuna misura d’esecuzione [28]. È il caso di evidenziare che l’essere dotati di personalità giuridica e l’es­sere riguardati dall’atto impugnato direttamente e individualmente [29], sono requisiti richiesti in maniera cumulativa dall’art. 263, quarto comma TFUE. Diverse le istanze presentate dalle autorità locali ai sensi della disposizione citata, rigettate dalla Corte per mancanza delle condizioni ex lege, congiuntamente o singolarmente considerate. La fermezza del giudice europeo circa la natura di persona giuridica degli enti locali prende avvio negli anni ’80, in occasione del ricorso d’annulla­mento presentato da cinque comuni lussemburghesi [30]. Senza soluzione di continuità si è, poi, mossa la [continua ..]


III. Segue: rinvio pregiudiziale.

Al pari degli altri soggetti di diritto, le autorità infranazionali possono vedere i loro diritti ed interessi in giusta considerazione dinanzi al giudice per il tramite del rinvio pregiudiziale, sebbene l’avvio di quest’ultimo resti nella discrezionalità del giudice interno che decide la causa [50]. Difatti, non vi è alcuna preclusione per le regioni parti del procedimento di sollecitare, al pari degli altri ricorrenti, il giudice a quo a chiedere alla Corte risposte ai dubbi interpretativi o di validità su questioni di diritto UE. Il dialogo a distanza tra giudice a quo e Corte suscita ampio interesse tra le autorità locali [51] in quanto, tra l’altro, permette alle regioni degli Stati UE di fare valere i propri diritti dinanzi al giudice grazie alla facoltà loro riconosciuta di prendervi parte e di fornire argomenti su talune disposizioni ritenute illegittime o pregiudizievoli per la loro autonomia [52]. Nell’ambito della procedura in esame la risposta interpretativa della Corte assume natura particolarmente trasversale, spaziando dai principi fondamentali dell’Unione alle normative regionali specifiche che richiedono uniformità applicativa ed interpretativa. Non sono, così, mancate pronunce importanti su taluni principi fondamentali europei quali il legittimo affidamento e la certezza del diritto [53], la buona fede e l’effettività [54]. A mero esempio, in materia di revoca di atti am­ministrativi e di ripetizione di prestazioni finanziarie indebitamente erogate dall’amministrazione pubblica, la Corte ha giudicato conforme al diritto europeo la relativa disciplina nazionale che prende in considerazione legittimo affidamento e certezza del diritto assieme al principio di legalità, in quanto elementi fondanti l’ordinamento giuridico europeo [55] e meritevoli di tutela nell’ambito vagliato [56]. Peraltro, la giurisprudenza UE ha ribadito che il principio in base al quale l’applicazione del diritto nazionale non deve ledere l’applicazione e l’effi­cacia del diritto UE richiede che l’interesse dell’Unione sia pienamente preso in considerazione quando si applicano disposizioni che conferiscono un potere discrezionale alle autorità amministrative nazionali per procedere al recupero di fondi indebitamente erogati e che [continua ..]


IV. Segue: istanza di intervento.

Com’è noto, l’art. 40 dello Statuto della Corte [71] conferisce agli Stati membri e alle istituzioni la possibilità di intervenire nei giudizi proposti alla Corte di giustizia. Uguale diritto spetta agli organi e agli organismi dell’U­nione e «ad ogni altra persona se possono dimostrare di avere un interesse alla soluzione della controversia sottoposta alla Corte» [72]. Rapportando la disciplina generale dell’istituto al tema in analisi, l’istan­za de qua va presentata nell’ambito di un procedimento in corso ed avviato su iniziativa di altre parti. Essa può avere ad oggetto esclusivamente l’ade­sione alle conclusioni formulate da una delle parti. E, più chiaramente, l’in­terveniente ente periferico (o aspirante tale) può presentare motivi nuovi in rapporto al ricorso principale, ma non può sviluppare conclusioni nuove. Ciò detto brevemente, si pongono due questioni per le entità locali: la qualificazione alla stregua di “ogni altra persona” e l’interesse a partecipare al procedimento in corso. In merito alla prima, la giurisprudenza riconosce alle regioni la qualità di parti intervenienti ad una causa pendente dinanzi a sé [73], laddove motivino la richiesta in ragione del loro compito istituzionale di difesa degli interessi, anche economici, e/o del grado di incidenza, diretto e attuale, della controversia sulla situazione economica della collettività [74]. Viceversa, la Corte nega la ricevibilità di una simile istanza di intervento, qualora gli istanti si limitino a fare valere la natura di ente pubblico e, per l’effetto, il potere di intervenire ai sensi dell’art. 40, alla luce di un mero interesse pubblico a partecipare al procedimento dinanzi alla Corte. In tale ipotesi, il diniego poggia sulla nozione di Stato membro ai sensi delle disposizioni istituzionali che, come già esposto, non si estende alle realtà locali [75]. Quanto alla seconda, l’interesse, pur restando una condizione essenziale, è considerato dalla giurisprudenza in termini più ampi rispetto all’interesse diretto ed individuale richiesto altrove. Ne segue una nozione alquanto flessibile ed eterogenea che ricomprende visioni divergenti, passando da argomentazioni molto elastiche che riconoscono tale interesse [continua ..]


V. Ulteriori rimedi riservati agli enti periferici. Azione in carenza e azione di responsabilità extracontrattuale.

Le argomentazioni della giurisprudenza UE che considera le regioni alla stregua delle persone giuridiche, elaborata principalmente nell’ambito del ricorso di annullamento, sono ripetibili ai fini della possibilità delle autorità locali di ricorrere alla Corte ai sensi dell’art. 265 TFUE e di contestare ad un’istituzione, organo o organismo dell’Unione di avere omesso l’ado­zione nei loro confronti di un atto che non sia un parere o una raccomandazione[97]. Ed ai sensi dell’art. 268 TFUE per richiedere il risarcimento del danno derivante dal comportamento delle istituzioni UE. Si tratta di rimedi poco utilizzati nella prassi, ancor meno esperiti dagli enti locali dell’UE e per i quali non si registra alcun dibattito in seno al CdR o all’Unione. Nondimeno, da un punto di vista teorico, entrambi sono potenzialmente in grado di allargare la tutela giurisdizionale diretta riservata alle realtà territoriali dell’Unione. Pertanto, in mancanza di prassi come di linee guida sull’uso dei rimedi in parola, è possibile disegnare la disciplina dei due ricorsi presentabili da una regione guardando alla più ampia giurisprudenza della Corte in merito. Ne segue un’analisi prognostica e, inevitabilmente, una certa astrattezza argomentativa. Prendendo avvio dall’analisi dell’art. 265 TFUE, considerato l’ampio campo di applicazione dell’azione in carenza, le regioni potrebbero impugnare l’illegittima inattività di un’istituzione, di un organo o organismo del­l’Unione relativa alla violazione di norme di entrambi i trattati e, sulla scorta dell’art. 6 TUE, della Carta dei diritti fondamentali. I profili procedurali del ricorso in parola non evidenziano peculiarità di rilievo. Pertanto, è onere delle regioni, così come degli altri ricorrenti persone fisiche e giuridiche, rivolgere un invito sufficientemente chiaro e preciso ad un’istituzione per consentirle di conoscere in maniera concreta il contenuto della decisione che le si chiede di adottare e, al tempo stesso, per indurre tale istituzione a prendere posizione [98]. Nel caso specifico degli enti considerati, il comportamento omissivo è rinvenibile in un atto diverso da una raccomandazione o da un parere e che abbia come destinatario potenziale il ricorrente. Nondimeno, l’atto o­messo non deve essere [continua ..]


VI. Ricorsi indiretti per il tramite degli Stati membri e del Comitato.

In una visione di insieme del tema oggetto di studio, resta da indagare la possibilità di ricorrere al giudice dell’Unione in maniera indiretta per il tramite degli Stati membri di appartenenza e quanto tale facoltà possa intensificare le garanzie processuali delle regioni in sede europea. Com’è noto, alcuni ordinamenti nazionali (Germania, Spagna e Belgio) prevedono la facoltà delle autorità territoriali di adire le corti internazionali, tra cui la Corte, tramite le azioni intraprese dai rispettivi Stati centrali. I possibili scenari interni possono divergere, rientrando la disciplina dei ricorsi indiretti de quibus nella sfera di competenza del diritto processuale nazionale, avallato dall’Unione. Se a ciò si aggiunge l’assenza di ricorsi indiretti così paventati, ne segue un’analisi prettamente ipotetica e finalizzata a rappresentare gli eventuali e futuri benefici per le entità locali. Rinviando ad altre sedi un’adeguata indagine comparatistica [110] e circoscrivendo lo studio al nostro Paese, va qui ricordata la novità introdotta dalla riforma costituzionale del 2003, che lascia intravedere due percorsi regionali [111], sulla scorta dell’attribuzione di competenza legislativa concorrente alle Regioni [112]. Il primo prevede che nelle materie di competenza legislativa delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, il Governo possa proporre ricorso dinanzi alla Corte di giustizia avverso gli atti normativi europei ritenuti illegittimi anche su richiesta di una delle Regioni o delle Province autonome. La richiesta formalizzata da parte di una Regione al Governo, lascia a quest’ultimo l’ampia discrezionalità sulla proposizione del ricorso come sul tipo di azione giudiziaria da avviare. Nella seconda eventualità, viceversa, l’Esecutivo è tenuto a proporre tale ricorso qualora esso sia richiesto dalla Conferenza Stato-Regioni a maggioranza assoluta delle Regioni e delle Province autonome [113]. La decisione approvata in sede di Conferenza Stato/Regioni obbliga il Governo a porre la questione dinanzi al giudice. Tuttavia, l’onere del Governo si sostanzia nella proposizione del ricorso e non arriva al tipo di azione da attivare. L’accesso indiretto alla Corte tramite lo Stato di appartenenza compensa, in qualche misura, i limiti della tutela [continua ..]


NOTE