Il Diritto dell'Unione EuropeaEISSN 2465-2474 / ISSN 1125-8551
G. Giappichelli Editore

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Il sindacato di validità degli orientamenti dell´Autorità bancaria europea (di Francesco Liguori)


L’articolo intende esaminare la complessa problematica del sindacato giurisdizionale degli atti europei di soft law. Tale questione è riemersa nella sentenza del 15 luglio 2021, C-911/19 P, Fédération bancarie française. In primo luogo, il presente scritto si concentra sul rimedio di impugnazione diretta degli atti di soft law, analizzando i criteri di ricevibilità utilizzati dalla Corte e prestando particolare attenzione al rapporto intercorrente tra il rilievo delle intenzioni dell’autorità emanante e il ruolo della percezione dei soggetti destinatari degli atti di soft law. In secondo luogo, il presente contributo intende verificare se le principali dottrine giurisprudenziali che disciplinano il funzionamento del sindacato indiretto condotto in sede pregiudiziale possano trovare applicazione anche nei confronti degli atti europei di soft law.

The Judicial Review of the European Banking Authority’s Guidelines

The present insight aims to shed light on the vexed issue of judicial review of soft law by the CJEU. This issue re-emerged in case C-911/19 P Fédération bancarie française. First, the paper challenges the test used by the CJEU to determine the role of the perception of the potentially affected individuals, which might be a powerful element to be considered for this purpose. Second, the insight purports to determine whether the judicial doctrines which curtailed the discretion of national judges to refer cases to the CJEU for preliminary ruling also apply to soft law.

SOMMARIO:

I. Introduzione - II. Sul ricorso per annullamento ex art. 263 TFUE - III. Sul rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE - IV. Conclusioni - NOTE


I. Introduzione

Il principio della completezza e dell’effettività dei rimedi giurisdizionali nell’ordinamento europeo è messo alla prova allorché esso venga applicato agli atti di soft law. Sebbene tali atti siano generalmente sprovvisti di effetti vincolanti, essi ben possono, in situazioni specifiche, pregiudicare interessi giuridicamente rilevanti. Il dilemma relativo alla giustiziabilità di atti di soft law è riemerso recentemente in relazione alla situazione definita dalla Corte di giustizia nella causa C-911/19, FBF c. ACPR, del 15 luglio 2021 [1]. La sentenza, emessa in seguito a un rinvio pregiudiziale, ha nuovamente svelato i punti critici del sistema dei rimedi giurisdizionali previsto nei confronti degli atti europei di soft law. La questione traeva origine da una controversia tra la Fédération bancaire française (d’ora in poi, FBF) e l’Autorité de contrôle prudentiel et de résolution (d’ora in poi, ACPR). Quest’ultima, nell’ambito della procedura descritta dall’art. 16, par. 3, del Regolamento (UE) n. 1093/2010 [2], aveva adottato un parere con cui dichiarava di conformarsi agli orientamenti del­l’Autorità bancaria europea (d’ora in avanti, ABE), estendendo la relativa applicabilità agli enti creditizi, agli istituti di pagamento e agli istituti di moneta elettronica sottoposti alla propria vigilanza. Avverso tale parere, la FBF ha proposto un ricorso per annullamento dinanzi al Conseil d’État, dato che esso era stato adottato sulla base degli orientamenti dell’ABE che, ad avviso della ricorrente, erano stati emanati in violazione dei limiti delle competenze riservate all’Autorità bancaria europea. Il Conseil d’État ha, quindi, posto tre questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia: la prima relativa al rapporto tra la legittimazione a eccepire incidentalmente l’illegittimità degli orientamenti e quella a ricorrere direttamente avverso tali atti ai sensi dell’art. 263, par. 4, TFUE; la seconda concernente il problematico rapporto tra il sindacato di validità degli atti europei esercitato, rispettivamente, sulla base dell’art. 263 TFUE e su quello di cui all’art. 267 TFUE; infine, con l’ultima questione veniva chiesto alla Corte se, effettivamente, l’ABE fosse competente ad emanare gli orientamenti [continua ..]


II. Sul ricorso per annullamento ex art. 263 TFUE

La prima questione sottoposta all’attenzione della Corte di giustizia riguarda l’ammissibilità di un ricorso per annullamento avverso gli orientamenti dell’ABE. Sul tema, la giurisprudenza della Corte [4], sebbene non unanime, suggerisce che un simile rimedio sia esperibile avverso tutte le disposizioni adottate da qualsiasi istituzione, organo ovvero organismo europeo, che mirino a produrre «effetti giuridici vincolanti». Gli atti di diritto derivato che non sono dotati di una simile efficacia vincolante, ricadrebbero al di fuori del sindacato esercitato dalla Corte di giustizia sulla base dell’art. 263 TFUE [5]. Tale principio è stato ribadito nella sentenza FBF. Tuttavia, la trama argomentativa seguita per arrivare a tale conclusione merita una certa attenzione. Infatti, la Grande Camera ha preliminarmente definito le condizioni affinché un atto di soft law possa produrre effetti giuridici vincolanti. Segnatamente, la Corte ha individuato un criterio sostanziale teso a rendere obiettivo l’accertamento di tali effetti. Il criterio prende in considerazione il contenuto degli atti di soft law, il contesto in cui sono stati adottati nonché i poteri dell’istituzione emanante. Con riferimento al contenuto, la Corte ha indicato come gli orientamenti dell’ABE fossero formulati in termini non imperativi e individuassero come unici destinatari le sole autorità nazionali di vigilanza [6]. Con riguardo al contesto giuridico nel quale gli orientamenti controversi sono stati adottati, la Corte ha precisato che l’unico effetto operante è quello rispondente al modello “comply-or-explain” previsto dall’art. 16, par. 3, del Regolamento (UE) n. 1093/2010 [7], di talché neppure in relazione al contesto di adozione tali atti sono stati ritenuti idonei a produrre effetti giuridici vincolanti [8]. Infine, la Corte ha distinto tra tre categorie di poteri conferiti all’ABE dal Regolamento (UE) n. 1093/2010: a) poteri di regolamentazione, ai sensi del­l’art. 10; b) poteri di attuazione, ai sensi dell’art. 15; c) poteri di orientamento, ai sensi dell’art. 16 [9]. A differenza dei poteri di cui agli artt. 10 e 15 del Regolamento (UE) n. 1093/2010, quando l’ABE agisce ai sensi dell’art. 16, essa esercita un potere di mero stimolo e di persuasione inidoneo, di per sé, a [continua ..]


III. Sul rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE

Nel rispondere, invece, alla seconda questione pregiudiziale, la Corte di giustizia ha chiarito i confini applicativi dell’art. 263 TFUE e quelli del­l’art. 267 TFUE. La Corte esordisce rammentando che il rinvio pregiudiziale persegue un fine indipendente ed estraneo rispetto a quello per cui è previsto il ricorso di annullamento: il primo è atto a garantire un interesse generale dell’Unione europea, ossia l’uniforme applicazione e interpretazione del diritto europeo [37]; il secondo, invece, mira a tutelare gli interessi particolari dei ricorrenti presuntivamente lesi da atti europei di diritto derivato. Vista la diversa ratio degli istituti in esame, la Grande Camera ha ritenuto che la FBF fosse legittimata a eccepire l’illegittimità degli orientamenti controversi dinanzi al giudice nazionale, poiché le condizioni di cui all’art. 263, par. 4, TFUE, in particolare la necessità che l’atto impugnato riguardi direttamente e individualmente il ricorrente, non si impongono al sindacato di validità ai sensi dell’art. 267 TFUE. Pertanto, ad avviso della Corte, alla FBF, in un procedimento giurisdizionale interno, deve essere assicurato il diritto di contestare la legittimità di qualsiasi decisione o provvedimento nazionale attinente all’applicazione nei suoi confronti di un atto europeo a portata generale. Infatti, sulla scorta di tali argomentazioni, la Corte conclude che l’unica condizione di ricevibilità di una domanda pregiudiziale avente ad oggetto un atto europeo di soft law è che la domanda sia presentata «in occasione di una controversia reale in cui si pone, in via incidentale, una questione di validità di un atto europeo quand’anche esso non sia stato oggetto di misure di applicazione adottate nei confronti del singolo interessato nel procedimento principale» [38]. Sebbene la Corte abbia dichiarato ammissibile il rinvio pregiudiziale di validità effettuato dal Conseil d’État, tale circostanza non deve illudere e quindi far ritenere che una tutela giurisdizionale effettiva sia comunque apprestata nell’ordinamento europeo. Infatti, ciò che può desumersi dal caso di specie è un paradosso: per conoscere se un atto europeo di soft law sia o meno vincolante, occorre attendere la valutazione della Corte di giustizia, con ciò pregiudicando la [continua ..]


IV. Conclusioni

Come si è avuto modo di constatare nel corso della trattazione, e come confermato anche in dottrina [57] e nella sentenza in esame, il sindacato diretto di validità degli atti europei di soft law è sovente ostacolato dai criteri di ricevibilità che operano ai sensi dell’art. 263 TFUE. In effetti, l’ammissibilità di un ricorso di annullamento richiede che l’atto oggetto del sindacato sia dotato dell’attributo della vincolatività, requisito di cui formalmente sono sprovvisti gli atti di soft law. Tuttavia, il ritorno ad una interpretazione più fedele del dato letterale del­l’art 263, para. 1, TFUE potrebbe espandere nuovamente l’accesso a tale rimedio. Infatti, in luogo del criterio basato sulla vincolatività degli atti, ai fini del­l’ammissibilità del ricorso potrebbe bastare che l’atto sia idoneo a produrre effetti giuridici nei confronti del ricorrente. In alternativa, qualora si ritenga comunque necessaria la produzione di effetti giuridici vincolanti ai fini dell’ammissibilità di un sindacato diretto di validità, verosimilmente occorrerebbe un accertamento più oggettivo della stessa che tenga, perciò, conto del rilievo della vincolatività percepita dai soggetti destinatari, piuttosto che delle intenzioni dell’istituzione emanante. Le ipotesi alternative appena suggerite non trovano comunque conferma nelle pronunce della Corte di giustizia, la quale sembra, invece, aver identificato nel rinvio pregiudiziale il giusto strumento per garantire il sindacato di validità degli atti europei di soft law. Alla luce di tale scelta, è quantomeno necessario attendersi che suddetto rimedio operi nei confronti degli atti di soft law così come opera nei confronti di qualsiasi altro atto europeo vincolante. Solo un attento esame del funzionamento dell’istituto di cui all’art. 267 TFUE giustificherebbe, in parte, l’adesione al prevalente orientamento giurisprudenziale e dottrinale [58] ispirato al principio della completezza dei rimedi giurisdizionali previsti nell’ordinamento europeo [59]. Per tale ragione, l’esame del funzionamento del rinvio pregiudiziale, sia esso di validità o interpretativo, dovrebbe tener conto dell’applicabilità o meno agli atti europei di soft law delle dottrine che governano i diversi casi [continua ..]


NOTE