Il Meccanismo di vigilanza unico (MVU), che costituisce uno di pilastri dell’Unione bancaria, è stato istituito in risposta alla crisi finanziaria iniziata nel 2008.
Al pari degli altri strumenti ideati in situazioni emergenziali, il MVU contiene numerosi punti critici, poiché è stato creato, in tempi piuttosto rapidi, per fronteggiare una situazione contingente.
Fra i diversi aspetti meritevoli di approfondimento, nel presente lavoro si è deciso di affrontare la questione relativa ai rapporti fra l’ordinamento dell’Unione e gli ordinamenti statali, soprattutto con riferimento alla distribuzione delle competenze fra la Banca centrale europea (BCE) e le autorità nazionali di controllo (ANC).
Il nuovo meccanismo di vigilanza, infatti, ha creato un intreccio di rapporti fra i due ordinamenti, caratterizzato da una ripartizione di competenze assai complesso. Tale sistema di rapporti, a seguito di una recente sentenza del Tribunale costituzionale federale tedesco, del luglio 2019, potrebbe ulteriormente complicarsi, sia sotto il profilo dell’inquadramento giuridico della materia, sia per quanto concerne la configurazione degli specifici compiti di vigilanza assegnati.
La pronuncia in questione, inoltre, inserendosi nel solco della giurisprudenza di Karlsruhe in materia di definizione dei rapporti tra Unione europea e Germania, potrebbe anche aprire un nuovo conflitto giurisdizionale fra il Bundesverfassungsgericht e la Corte di giustizia dell’Unione europea.
The Single Supervisory Mechanism (SSM), which is a pillar of the banking union, was established in response to the financial crisis that began in 2008.
Like other instruments launched in emergency situations, the SSM contains some critical points, arising from the fact that it was created, rather quickly, to deal with a temporary situation.
Among the various aspects that could have been analysed, this work is focused on the relations between the European Union and its member States, particularly on to the distribution of competences between the European Central Bank (ECB) and the national supervisory authorities (NSA).
In fact, the SSM is characterized by a very complex allocation of competences between the European Union and its member States, which could further complicate as consequence of a judgement issued by the German Federal Constitutional Court in July 2019. Furthermore, the cited ruling, which is a new episode of the German constitutional case-law concerning the relations between the European Union and Germany, could even open a new jurisdictional dispute between the Bundesverfassungsgericht and the Court of Justice of the European Union.
KEYWORDS
Single Supervisory Mechanism – SSM – Prudential Supervision – Banking Union – Landeskreditbank
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I. Introduzione. - II. Alcune osservazioni sul fondamento giuridico del regolamento 1024/2013 e sul principio di sussidiarietà - III. La ripartizione delle competenze nel regolamento 1024/2013 - IV. La giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea e le numerose questioni rimaste irrisolte - V. La posizione della Corte costituzionale tedesca e il (prevedibile) ricorso al modello 'Jaaber' - VI. Conclusioni - NOTE
Nel 1976 Jean Monnet scrisse di aver sempre ritenuto che l’Europa sarebbe stata costruita attraverso crisi e che l’ordinamento europeo sarebbe stato la somma delle loro soluzioni [1]. L’idea che il processo di integrazione europeo sia stimolato da un sistema di crisi cicliche è stata successivamente riproposta da autorevoli studiosi. Più di recente, ad esempio, richiamando quanto sostenuto da Monnet, è stato affermato che le crisi si sono rivelate uno strumento per tenere sotto controllo lo sviluppo dell’Unione, indirizzandone il percorso e stabilendo i tempi per procedere. Invero, gli Stati, nel risolvere le crisi, hanno fissato la tempistica e i modi del processo di integrazione, dettando le regole di trasformazione di un soggetto politico che originariamente aveva dei tratti incerti [2]. Effettivamente, anche l’Unione bancaria, di cui il Meccanismo di vigilanza unico (MVU), istituito con il regolamento 1024/2013 [3], costituisce uno dei pilastri fondamentali, è stata ideata in risposta ad una situazione di crisi [4]. Segnatamente, la crisi finanziaria iniziata nel 2008 negli Stati Uniti e, in breve tempo, diventata globale [5]. Per certi versi, la crisi finanziaria ha costituito lo stimolo [6] per realizzare un progetto di cui, in realtà, si era cominciato a discutere già dagli anni ’60 del secolo scorso, anche se in termini parzialmente diversi da quelli attuali [7]. Tuttavia, gli strumenti creati nella fase più acuta di una crisi, incluso il MVU, contengono numerosi aspetti critici. Di regola, infatti, tali strumenti sono creati in contesti emergenziali, che mettono gli Stati membri nella condizione di trovare, in tempi piuttosto rapidi, un compromesso fra posizioni originariamente molto distanti [8]. Inoltre, le misure adottate in situazioni del genere sono pensate per fronteggiare situazioni contingenti. Pertanto, la loro istituzione richiede, sovente, delle “forzature” giuridiche, oltre che politiche. Tali forzature emergono con maggior evidenza quando, dalla situazione di crisi, si torna ad una condizione di “normalità”. Per quanto concerne, nello specifico, il MVU, si possono citare molteplici elementi controversi. Ad esempio, quello relativo al suo impatto sulla democraticità del sistema, conseguente al fatto che tale meccanismo crea una concentrazione di poteri apicali di [continua ..]
Il primo aspetto da prendere in esame, ancor prima di entrare nel merito della ripartizione di competenze, è quello concernente la base giuridica del MVU. Ciò al fine di comprendere meglio l’esatta natura e la portata del nuovo sistema. Come, infatti, affermato dalla Corte di giustizia, la scelta della base giuridica riveste un’importanza di natura costituzionale [13] e consente di determinare l’esatta ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri [14]. Orbene, il regolamento ha come base giuridica l’art. 127, par. 6, TFUE, ai sensi del quale «il Consiglio, deliberando all’unanimità mediante regolamenti secondo una procedura legislativa speciale, previa consultazione del Parlamento europeo e della Banca centrale europea, può affidare alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche che riguardano la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle altre istituzioni finanziarie, escluse le imprese assicurative» [15]. Tale disposizione è stata definita in dottrina come una procedura passerella, tesa ad ampliare le competenze dell’UE nel campo della vigilanza prudenziale [16]. Tuttavia, a parere dello scrivente, sarebbe più corretto configurarla come una clausola di flessibilità, al pari di quella ex art. 352 TFUE [17]. È quest’ultima, infatti, la disposizione che le istituzioni hanno sempre utilizzato per agire al di là dei confini posti dal principio di attribuzione delle competenze, finanche nell’ambito della politica economica e monetaria, sebbene la dichiarazione n. 41 allegata al trattato sembrerebbe escludere tale materia dall’ambito di applicazione della detta clausola [18]. Al pari dell’art. 352 TFUE, infatti, l’art. 127, par. 6, TFUE è volto ad integrare i poteri conferiti alle istituzioni da specifiche basi giuridiche, qualora ciò risulti necessario per conseguire l’obiettivo dell’Unione ai fini del quale è stato attribuito il potere in questione. Le clausole passerella, invece, consentono di discostarsi dalla procedura legislativa prevista dai trattati in un determinato settore, passando, ad esempio, da quella speciale a quella ordinaria, oppure dal voto all’unanimità a quello a maggioranza [19]. Alla luce di quanto appena sostenuto, il ricorso all’art. [continua ..]
Il complesso sistema di ripartizione delle competenze previsto dal MVU è frutto del difficile processo negoziale che, al fine di riformare la preesistente architettura europea di vigilanza bancaria [27], ha portato alla sua istituzione. Come noto, a livello istituzionale, il dibattito sulla riforma del sistema di vigilanza è iniziato nel 2008, quando la Commissione europea ha affidato ad un gruppo di esperti, il c.d. “Gruppo de Larosière”, il compito di formulare un parere sulla vigilanza europea in materia finanziaria. Nella sua relazione finale, il Gruppo ha affermato che, sebbene le modalità di vigilanza del settore finanziario nell’Unione europea non fossero state tra le cause principali della crisi, bisognava ammettere che a livello di vigilanza erano emerse carenze reali e importanti, sia dal punto di vista macroprudenziale, sia da quello microprudenziale, rispetto alle quali sarebbe stato necessario intervenire con urgenza [28]. In particolare, nel documento adottato si è posta l’attenzione sulla necessità di rafforzare i meccanismi di vigilanza macroprudenziale, accentrando tale funzione a livello dell’Unione e, nello specifico, affidandola alla BCE. A quest’ultima sarebbero stati, inoltre, trasferiti anche alcuni importanti compiti di vigilanza microprudenziale, fino a quel momento affidati alle autorità nazionali, cioè quelli relativi alla supervisione delle banche transfrontaliere o delle banche più importanti dal punto di vista sistemico. Questa posizione, accolta anche dall’allora presidente del Consiglio europeo [29], fu solo in parte condivisa dal Parlamento europeo. Quest’ultimo, infatti, sebbene fosse concorde sull’inefficienza dimostrata dai meccanismi di vigilanza finanziaria esistenti nell’Unione europea, era del parere che, invece di accentrare i poteri in capo alla BCE, si dovesse rafforzare e armonizzare il dialogo tra le autorità nazionali di vigilanza e le autorità europee. Pertanto, nel 2010, ha invitato la Commissione a presentare delle proposte legislative in merito, tenendo conto del principio di sussidiarietà [30]. Anche a livello di Stati membri, molti di essi erano contrari alla logica accentratrice e preferivano un sistema di ripartizione delle competenze fra l’Unione europea e le autorità nazionali. Nonostante ciò, la proposta iniziale [continua ..]
L’occasione per fare chiarezza sul sistema di ripartizione delle competenze nell’ambito del MVU si è presentata con il caso Landeskreditbank, quando il giudice dell’Unione, per la prima volta, è stato chiamato a pronunciarsi in materia di vigilanza prudenziale. Tuttavia, né la sentenza del Tribunale [42], né quella della Corte di giustizia [43], in sede di impugnazione, ci sembra abbiano contribuito a sciogliere i nodi giuridici precedentemente richiamati. La questione trae origine dal ricorso presentato dalla Landeskreditbank, la banca di investimento e per lo sviluppo del Land del Baden-Württemberg, volto all’annullamento della decisione attraverso cui la BCE aveva respinto la sua richiesta di riclassificazione come “soggetto meno significativo”, ai sensi dell’art. 6, par. 4, del regolamento 1024/2013. La ricorrente, infatti, riteneva che, trattandosi di una banca istituita con legge regionale, interamente partecipata da un ente pubblico, cioè il Land, i rischi di insolvenza verso gli investitori fossero particolarmente bassi. Di conseguenza, era del parere che sussistessero quelle “circostanze particolari”, di cui all’art. 6, par. 4, del regolamento 1024/2013, idonee a trasferire la competenza di vigilanza a livello nazionale, anche se l’ente in questione soddisfaceva i criteri di significatività indicati nella medesima disposizione. Questa tesi, tuttavia, non è stata condivisa dalla BCE, che ha deciso di classificare la Landeskreditbank come ente significativo, visto che il valore totale delle sue attività superava i 30 miliardi di euro. Tale decisione è stata, poi, confermata in sede di riesame, anche in ragione della valutazione espressa dalla Commissione amministrativa di riesame. Apparentemente, quindi, la vicenda riguardava una questione di dettaglio, cioè l’interpretazione del concetto di “circostanze particolari”, ai sensi dell’art. 6, par. 4, del regolamento 1024/2013 e dell’art. 70 del regolamento 468/2014 [44]. Tuttavia, è evidente il fatto che il ricorso costituisse per la Corte un’importante occasione per pronunciarsi, in termini più ampi, su uno dei pilastri portanti del MVU, cioè i rapporti tra BCE e autorità nazionali nel quadro del meccanismo di vigilanza unico. In un [continua ..]
La sentenza del Tribunale costituzionale federale sul MVU si inserisce nel solco della giurisprudenza di Karlsruhe in materia di applicabilità nella Repubblica federale del diritto dell’Unione europea, o, più in generale, di definizione dei rapporti tra Unione europea e Germania, soprattutto di quella concernente il conferimento di competenze non espressamente previste dai Trattati, in contrasto con i principi costituzionali inderogabili [53]. In tale contesto, vale la pena di richiamare, soprattutto, la sentenza del 2009, relativa alla ratifica del Trattato di Lisbona [54]. In quell’occasione, infatti, i giudici tedeschi si sono pronunciati su questioni concernenti la clausola di flessibilità di cui all’art. 352 TFUE, che, come detto, ha un carattere analogo a quella dell’art. 127, par. 6, TFUE. In quella circostanza la Corte costituzionale tedesca ha affermato che tale disposizione avrebbe consentito una modifica sostanziale nell’ambito della ripartizione di competenze fra Unione europea e Stati membri, senza coinvolgere il Bundestag e, quindi in contrasto con i principi di democrazia rappresentativa e partecipativa. Per tale motivo, ha sostenuto che «die Flexibilitätsklausel des Art. 352 AEUV könne nicht als unbegrenzte Kompetenzerweiterungskompetenz verstanden werden» [55]. Alla luce di ciò, ha ritenuto che l’utilizzo della clausola di flessibilità richiede «die Ratifikation durch den Deutschen Bundestag und den Bundesrat auf der Grundlage von Art. 23 Abs. 1 Satz 2 und Satz 3 GG voraus» e che, pertanto, «der deutsche Vertreter im Rat darf die förmliche Zustimmung zu einem entsprechenden Rechtssetzungsvorschlag der Kommission für die Bundesrepublik Deutschland nicht erklären, solange diese verfassungsrechtlich gebotenen Voraussetzungen nicht erfüllt sind» [56]. Sulla base delle motivazioni appena richiamate, la Corte ha richiesto che la ratifica del Trattato di Lisbona fossa preceduta da una riforma della legge relativa ai diritti del Parlamento sulle questioni europee, in modo tale da prevedere che, nei casi relativi all’applicazione dell’art. 352 TFUE, il Governo non potesse esprimere il proprio voto favorevole in seno al Consiglio, senza prima ottenere il consenso del Bundestag e del Bundesrat. Il Lissabon Urteil, riprende [continua ..]
Nel presente lavoro sono state messe in evidenza le criticità presenti in materia di rapporti ordinamentali nell’ambito del MVU, anche alla luce della più recente giurisprudenza nazionale e sopranazionale. Invero, come detto, sebbene in questa sede ci si sia concentrati solo sul MVU, vale la pena di sottolineare come l’intera architettura dell’Unione bancaria sia caratterizzata da un sistema di distribuzione delle competenze fra il livello nazionale e quello sopranazionale piuttosto intricato, sicuramente meritevole di essere approfondito. Per quanto concerne, nello specifico, il MVU, si è visto come il grado di trasferimento delle competenze dal livello nazionale a quello dell’Unione europea sia stata una delle principali questioni dibattute durante l’iter che ha portato all’adozione del regolamento 1024/2013, poiché l’idea originaria della Commissione europea, cioè quella di affidare alla BCE competenze esclusive in materia di vigilanza microprudenziale, non era condivisa da una larga maggioranza degli Stati membri, fra i quali l’Italia. Gli Stati membri, infatti, avrebbero preferito che il nuovo meccanismo funzionasse attraverso una distribuzione di competenze fra l’autorità dell’Unione e quelle degli Stati membri, affidando alla prima il controllo sulle banche di dimensioni maggiori, o su quelle che svolgono attività transfrontaliere, e lasciando al livello nazionale il controllo su quelle restanti. In questa fase, le principali contrapposizioni si sono avute fra la Francia e la Germania. Mentre la prima spingeva per un meccanismo centralizzato di vigilanza, la seconda insisteva per una ben definita suddivisione di competenze, soprattutto al fine di mantenere il controllo sulle proprie banche regionali, le Landesbanken, rispetto alle quali si è poi pronunciata la Corte di giustizia dell’Unione europea [68]. Effettivamente, l’idea di un sistema condiviso di competenze è quella maggiormente compatibile con la base giuridica del regolamento istitutivo del MVU, cioè l’art. 127, par. 6, TFUE. Tale disposizione, come detto, non consente un trasferimento di competenze in via esclusiva all’Unione europea, ma solo di alcuni compiti specifici, da valutare sempre tenendo conto del principio di sussidiarietà. Con riferimento, però, al sistema delle competenze nell’ambito del [continua ..]